Dopo la diffida al governo italiano in merito al rinnovo del Memorandum militare con Israele, un gruppo di giuristi, riuniti sotto il nome “Giuristi e Avvocati per la Palestina” e sostenuti da accademici, sindacalisti e altre personalità, domani presenterà una formale denuncia alla Corte Penale Internazionale in merito alla complicità del governo italiano con il genocidio a Gaza.
Il ricorso è possibile grazie alla pronuncia del gennaio 2024 della stessa corte, che ha riconosciuto come plausibile, secondo le disposizioni della Convenzione contro il genocidio del 9 dicembre 1948, che Israele lo stesse perpetrando nei confronti del popolo palestinese. Secondo la Convenzione, gli Stati firmatari hanno il dovere di prevenire e punire il genocidio.

La denuncia alla Corte Penale Internazionale per la complicità del governo italiano col genocidio

«Noi riteniamo che il governo italiano non solo sia stato inerte, ma che abbia anche continuato a favorire Israele dal punto di vista economico, commerciale e militare nonostante le ordinanze della Corte Penale Internazionale», spiega ai nostri microfoni l’avvocato Fausto Gianelli, uno degli estensori della denuncia.
Il legale cita anche l’intervista rilasciata due giorni fa dal ceo di Leonardo, Roberto Cingolani che, sbugiardando il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha ammesso che l’export di armi verso Israele è proseguito in virtù di contratti stipulati precedentemente al 7 ottobre.

«La Convenzione contro il genocidio è l’unica che impegna gli Stati firmatari, tra cui l’Italia, ad agire per prevenire e punire il genocidio. Ciò non è stato fatto e anzi l’Italia ha continuato a fornire gli strumenti a Israele», sottolinea Gianelli.
Per questa ragione la denuncia che verrà presentata alla Corte Penale Internazionale conta di chiamare sul banco degli imputati gli esponenti del governo italiano, a partire dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro degli Esteri Tajani. Le loro responsabilità, sottolinea il giurista, sono penali e non di Stato.

Tra il gruppo di giuristi che ha stilato la denuncia, un importante docente che insegna negli Stati Uniti ha dovuto ritirare la firma, perché le disposizioni di Donald Trump prevedono il ban, con divieto di ingresso nel Paese e sequestro dei beni personali, a chi collabora con la Corte Penale Internazionale.
La campagna di sostegno alla denuncia, però, in poche ore ha già raccolto oltre 2.500 firme e domani dovrebbe essere depositata formalmente, anche con gli allegati a supporto della tesi, quali report delle Nazioni Unite, di associazioni umanitarie e pronunce di tribunali.

ASCOLTA L’INTERVISTA A FAUSTO GIANELLI: