Mattinata di lotta a Cornigliano, in provincia di Genova, dove gli operai dell’ex Ilva sono usciti dalla fabbrica dopo un’assemblea interna e hanno avviato un presidio a oltranza contro il piano del governo per il futuro dello stabilimento. Sono stati usati mezzi pesanti per bloccare le strade ed è stata dichiarata l’occupazione della fabbrica.
La preoccupazione dei lavoratori è per il rischio concreto di chiusura dello stabilimento genovese con conseguente perdita di mille posti di lavoro.

La protesta degli operai dell’ex Ilva di Genova

I lavoratori hanno percorso via Guido Rossa con i mezzi aziendali, raggiungendo il centro di Cornigliano, dove intorno alle 9 è stato bloccato il traffico in via Cornigliano, all’altezza della stazione.
«Il piano del governo porta alla chiusura della fabbrica – affermano Armando Palombo, storico delegato Fiom Cgil della ex Ilva di Cornigliano, e di Stefano Bonazzi, segretario generale Fiom Cgil Genova – con la conseguenza che a Genova abbiamo mille posti di lavoro a rischio e la fine della siderurgia nella nostra città e nel Paese».

Secondo Palombo, la situazione è ormai al limite: «Quel poco che si produce viene inviato subito a Taranto per fare cassa. Così gli stabilimenti del Nord, a partire da Genova e poi Novi, resteranno senza prodotto e quindi chiuderanno. Non si parla più di una cassa integrazione in più o in meno: qui stanno chiudendo l’intera siderurgia italiana».
I sindacati sottolineano anche l’urgenza dei tempi: «Dal primo gennaio saranno in 6 mila in cassa integrazione a livello nazionale – proseguono Palombo e Bonazzi – e dal primo marzo gli impianti verranno chiusi».

Dal presidio arriva anche un appello diretto agli enti locali. Nicola Apicella, coordinatore rsu Fiom Cgil, non usa mezzi termini: «Oggi abbiamo proclamato 24 ore di sciopero e dichiarato l’occupazione della fabbrica. Con i nostri mezzi andremo a Ponte Morigiano e attenderemo lì. Qualcosa deve succedere».
Poi l’invito a Comune e Regione: «Non basta la solidarietà espressa con i comunicati. Chiediamo che sospendano le sedute istituzionali e vengano qui. Devono rendersi conto che Genova rischia di perdere 1.000 posti di lavoro. A chi parlava di piani miracolosi, ricordiamo che oggi sul piatto non c’è un cassintegrato in più, ma un’intera fabbrica che chiude».

ASCOLTA L’INTERVISTA A ARMANDO PALOMBO: