La sentenza choc della Corte Surprema statunitense che ha abolito l’aborto come legge federale, lasciando ai singoli Stati la possibilità di decidere, ha prodotto numerose mobilitazioni negli Usa, con le donne che hanno protestato al grido di «If abortion isn’t safe, neither are you» (Se l’aborto non è sicuro, nemmeno voi lo sarete).
In solidarietà con le femministe statunitensi, in diverse città italiane, Non Una di Meno scende in piazza per difendere il diritto all’aborto e contrastare la violenza di genere. A Bologna l’appuntamento è per l’8 luglio alle 19.30 in piazza Nettuno, dove si terrà un presidio con banchetti informativi e microfono aperto.

Non solo Usa: femministe in piazza anche a Bologna per difendere il diritto all’aborto

La decisione della Corte Suprema americana, sottolinea Non Una di Meno Bologna, «peserà maggiormente sulle donne e le persone con capacità gestante più povere, più marginalizzate, afrodiscendenti e latine. In diverse parti del mondo i movimenti antiabortisti e la destra ultra-conservatrice hanno esultato per questa sentenza».
Le minacce al diritto all’aborto, però, non sono solo una questione statunitense. L’interruzione volontaria di gravidanza è minacciata a diverse latitudini, compresa l’Italia dove a pesare è la crescente obiezione di coscienza, che in alcuni territori raggiunge anche il 100% dei ginecologi. «Quando le donne e le persone con capacità gestante decidono di non portare avanti una gravidanza indesiderata – sottolineano le femministe – sono esposte alla violenza istituzionale del personale medico e alla stigmatizzazione».

Anche in Emilia-Romagna l’accesso all’aborto comincia ad essere un problema. La mappatura dell’obiezione di coscienza, nata dalla collaborazione tra Non Una Di Meno e alcuni Centri Antiviolenza, rileva infatti che il tasso di obiezione solo all’ospedale Sant’Orsola di Bologna è del 71%, ben oltre la media regionale che si attesta al 42,9%.
Di qui la necessità di scendere in piazza per difendere il diritto all’aborto anche in Italia e per chiedere “molto più di 194”. «Ci vogliamo vive e libere di scegliere sui nostri corpi», ribadisce Non Una di Meno.

Il movimento femminista, però, vede una matrice comune tra la violenza istituzionale che subiscono le donne che decidono di abortire e i femminicidi che continuano a riempire le cronache dei giornali. È per questa ragione che il presidio dell’8 luglio sarà anche contro la violenza di genere.
«Solo in Italia, nelle ultime settimane – si legge nel comunicato di Non Una di Meno Bologna – c’è stata un’escalation di femminicidi, lesbicidi e transicidi: sono più di 60 dall’inizio dell’anno, come riportato anche nell’osservatorio sui femminicidi. È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesimo femminicidio a Rimini, mentre viene richiesta l’archiviazione dell’indagine sulle molestie da parte degli Alpini. La violenza non si arresta neanche dopo che le donne vengono ammazzate: proprio oggi al tribunale di Bologna è iniziato il ricorso in appello sul lesbicidio di Elisa Pomarelli».