Al Terra di Tutti Film Festival la proiezione di “Corridoio 5” sulla Val di Susa. Con l’intervista all’antropologo Marc Augé e i volti e le voci degli abitanti della valle minacciata dal Tav, una comunità che è diventata punto centrale e simbolico di un grande conflitto che attraversa il nostro tempo: lo scontro tra realtà locali ed interessi transnazionali, che considerano quel territorio semplicemente un passaggio.

Il racconto di come la Val di Susa si sia trasformata da un luogo di vita, di lavoro, di natura e anche di tradizioni in un “corridoio”, un luogo di transito di interessi transnazionali, rappresentati dai due poli, Torino e Lione, che non tengono in considerazione di chi ci vive.
È quello che fa “Corridoio 5”, il documentario di Manuel Coser che prende il nome del percorso del Tav, girato in Val di Susa tra il 2011 e il 2013 e proposto agli spettatori del Terra di Tutti Film Festival. Con questa proiezione, inserita nella sessione “Questione di diritti”, gli organizzatori sembrano suggerire che non c’è bisogno di guardare a luoghi esotici per trovare certe dinamiche.

Anzi, secondo il regista, il conflitto in Val di Susa è il segno, il paradigma della nostra contemporaneità. “Come in India, in Germania e nei Paesi Baschi – afferma Coser ai nostri microfoni – le grandi opere della globalizzazione producono le stesse dinamiche”.
La voce narrante del documentario è quella dell’antropologo Marc Augé, che punteggia il racconto che accompagna lo spettatore in un viaggio di conoscenza nella realtà della trasformazione voluta dalla globalizzazione. In particolare, interi territori, dove le persone vorrebbero vivere e decidere del loro futuro, si trasformano in corridoi, in luoghi di passaggio di interessi che li sovrastano.

In Val di Susa, però, l’ostacolo a questi interessi è rappresentato da una comunità, che nella lotta contro il Tav ha riscoperto processi di dialogo e di mutuo aiuto. Il lavoro di Coser si compone di un mosaico di persone della comunità. Tra queste, esemplare è la storia di Nicoletta Dosio, attivista No Tav di 70 anni, che sta portando avanti apertamente una disobbedienza civile contro le misure restrittive che le autorità giudiziarie le hanno comminato.
“Nicoletta è spiazzante – osserva il regista – perché non è facile trovare chi è disposto a mettere in gioco la propria libertà personale, specialmente a 70 anni, quando le cose che si vorrebbero magari sono altre”.