Secondo l’esperta Rosella Ideo, l’obiettivo reale di Pyongyang è andare oltre all’armistizio e ottenere un trattato di pace con gli Stati Uniti. L’influenza di Washington nell’area del Pacifico alle origini dell’aumento delle tensioni e proprio l’America dovrebbe recedere dal braccio di ferro.

Il mondo è in apprensione per l’escalation di tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti, specialmente dopo la minaccia di un attacco nucleare da parte di Pyongyang.
Per non lasciare spazio al panico ed avere, al contrario, un’analisi attenta e puntuale della situazione, abbiamo intervistato Rosella Ideo, coreanista e studiosa di storia politica e diplomatica dell’Asia orientale.

Professoressa Ideo, come si è generata l’escalation?
“Si è arrivati all’escalation attuale perché la Corea del Nord è stata pesantemente sanzionata dall’Onu per il test nucleare sotterraneo che ha compiuto lo scorso 12 febbraio. Se a questo aggiungiamo che gli Stati Uniti non intendono dialogare con la Corea del Nord se quest’ultima non abbandona il suo programma nucleare, è facile comprendere la difficoltà di Pyongyang, anche in virtù delle difficoltà economiche che essa vive. L’escalation, però, è andata oltre, con un botta e risposta tra Corea e Stati Uniti in cui mostrano i muscoli”.

Detto questo, dobbiamo essere preoccupati o sono solo minacce per fare la voce grossa?
“Questo livello di tensione è inusuale, anche se sappiamo che la Corea del Nord ha sempre usato queste tattiche per richiamare l’attenzione degli Stati Uniti, con cui vuole avviare un dialogo”.

Quindi, in realtà, si minaccia la guerra per avere la pace?
“Sembra paradossale ma è così. L’obiettivo finale della Corea del Nord è firmare un trattato di pace con gli Stati Uniti, perché alla fine della guerra dal ’50 al ’53 c’è stato solo un armistizio. È assurdo che in questo periodo ci sia ancora formalmente uno stato di guerra tra Corea del Nord, Corea del Sud e Stati Uniti. È un lascito del passato che non è mai stato risolto”.

Solitamente nella questione intervengono Cina e Russia, ma in questo caso, a parte la preoccupazione espressa, non sembrano essere intervenute in modo significativo…
“In realtà è Pechino la più implicata, perché è l’unico puntello che Pyongyang ha per non restare isolata. I rapporti con la Russia si sono deteriorati all’epoca di Gorbaciov, quando quest’ultimo cambiò atteggiamento vista l’inesegibilità dei crediti accumulati con la Corea. Solo Putin ha cercato di recuperare i rapporti.
Al di là della storia, però, il ministro degli Esteri russo ha posto l’accento sul gioco geopolitico degli Stati Uniti nell’area del Pacifico, spostando i loro interessi dal Medioriente. Anche i cinesi hanno fatto la stessa cosa, richiamando Washington ad un senso di responsabilità e cercando di calmare le acque”.

A questo punto cosa dobbiamo sperare?
“Dobbiamo sperare che gli Stati Uniti recedano dal braccio di ferro con la Corea del Nord. Il segretario di Stato americano Kerry, però, ha indicato un modo, che permetterebbe proprio all’America di uscire da questa vicenda salvando la faccia: che Pyongyang dialoghi con Seoul, in modo da facilitare le cose e far scendere la tensione”.