Sono già cinque le persone decedute in Italia in seguito ad interventi di polizia in cui è stato usato il taser, la pistola che dà scariche elettriche. L’ultimo caso solo ieri a Napoli, quando i carabinieri sono intervenuti a seguito di un litigio familiare e hanno utilizzato il taser su un uomo, che successivamente ha perso la vita.
Poche settimane fa, invece, un quarantaduenne con problemi psichici è morto a Reggio Emilia sempre dopo un intervento delle forze dell’ordine che hanno utilizzato la pistola elettrica.
Il taser in Italia: cinque morti in quattro mesi
«A giugno abbiamo avuto il caso di Riccardo Zappone a inizio di giugno a Pescara – ricostruisce ai nostri microfoni Italo Di Sabato dell’Osservatorio Repressione – poi il caso di Giampaolo De Martis a Olbia e quello di Elton Bani vicino a Genova».
Un triste elenco che, secondo Di Sabato, dimostra che non ci troviamo più in presenza di casualità, ma della normalità all’interno dell’uso di quest’arma da parte delle forze dell’ordine.
Inizialmente il taser era stato introdotto in via sperimentale in alcune città d’Italia. Oggi, invece, si tratta di una dotazione ampiamente diffusa.
Non solo. «Nel decreto milleproroghe del febbraio 2025 – ricostruisce l’esponente di Osservatorio Repressione – è stata data la possibilità ai piccoli Comuni di dotare la polizia locale di quello strumento, quindi oltre alla polizia tradizionale, il taser può essere utilizzato anche dalla polizia locale».
Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, però, continua a definire il taser un’arma non letale, nonostante i tanti casi di decessi in pochi mesi.
Il modello di taser adottato in Italia è lo X2 della Axon, un’evoluzione del modello X26 che le Nazioni Unite avevano giudicato equiparabile a uno strumento di tortura. I 5.000 dispositivi disponibili nei 200 comuni italiani non sono stati testati.
La stessa Axon, azienda produttrice del taser, ha inoltre dovuto ammettere un rischio di morte nello 0,25% dei casi.
«I soggetti più a rischio sono quelli fragili – sottolinea Di Sabato – come i malati psichiatrici, le donne incinte e chi presenta patologie cardiovascolari. Sarebbe il caso di fronte all’evidenza dei decessi di ammettere che è stato un errore l’introduzione del taser e di tornare indietro».
ASCOLTA L’INTERVISTA A ITALO DI SABATO: