Da mesi, in via Bovi Campeggi 13/3, decine di persone dormono all’addiaccio, accalcate lungo i marciapiedi, in attesa di poter esercitare un diritto fondamentale: quello di presentare la domanda di asilo. È l’immagine più brutale di un sistema amministrativo che, sostengono Asgi, La casa del mondo, YaBasta!, Il cerchio dalla Libia, Refugees Welcome Italia, Avvocati di Strada, Plat, Sportello Mederì, Next Generation Italy e Associazione SconfinaMenti, è diventato disumano, inefficiente e, in più punti, apertamente illegittimo.
Già nel febbraio 2025 le principali realtà del territorio avevano denunciato pubblicamente la situazione presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Bologna. A distanza di mesi e nonostante l’arrivo di personale aggiuntivo, però, nulla sembra essere cambiato. Anzi: con l’arrivo dell’inverno e il progressivo abbassamento delle temperature, la condizione dei richiedenti asilo è destinata ad aggravarsi.
Le lunghe file davanti all’ufficio immigrazione e le prassi illegittime per presentare domanda di asilo
Le procedure imposte, denunciano le associazioni, stanno creando una vera e propria discriminazione tra chi ha accesso ai servizi di accoglienza e chi invece arriva autonomamente sul territorio.
Secondo le testimonianze raccolte, la scena si ripete due volte alla settimana, il lunedì e il giovedì. Fin dal pomeriggio, decine di persone si accampano davanti all’ufficio per non perdere il turno il giorno successivo. Martedì e venerdì, infatti, alle 8.30 del mattino, gli agenti distribuiscono una manciata di tagliandini numerati — circa quindici — che consentono, in teoria, di ottenere un appuntamento per formalizzare la domanda di protezione internazionale. In pratica, chi non riesce a ottenere il biglietto resta escluso e deve ricominciare da capo. Non esistono canali alternativi: né prenotazioni via pec, né richieste online.
Le associazioni parlano apertamente di una gestione “irrazionale” e “discriminatoria”, in contrasto con la direttiva del Ministero dell’Interno del 12 settembre 2024, che impone alle questure procedure uniformi e rispettose dei diritti fondamentali. Chi è accolto nei centri di accoglienza o seguito da sportelli istituzionali, invece, sembra ottenere appuntamenti più rapidi e sicuri. «Una disparità di trattamento inaccettabile – sottolineano gli operatori – che trasforma un diritto universale in una lotteria».
Ma i problemi non si fermano alle file. Da circa un anno, la Questura di Bologna richiederebbe ai richiedenti asilo privi di documenti la presentazione di una denuncia di smarrimento del passaporto, un obbligo che non trova alcun fondamento normativo. La legge, infatti, prevede che il documento venga consegnato solo se disponibile. Pretendere una denuncia per un passaporto mai posseduto, spiegano i legali, è una prassi “del tutto illegittima”.
Un ulteriore ostacolo riguarda la prova dell’alloggio. La normativa prevede che il richiedente indichi semplicemente un domicilio, ma la Questura di Bologna chiederebbe documenti aggiuntivi: contratto di locazione, dichiarazione di ospitalità e copia del documento dell’ospitante, persino il consenso del proprietario dell’immobile. Un onere sproporzionato che, di fatto, impedisce a molti di presentare la domanda. «Si tratta di una violazione evidente delle disposizioni nazionali – osservano le associazioni – che rendono l’accesso alla procedura eccessivamente gravoso».
Oltretutto, spiega ai nostri microfoni l’avvocata Ivana Stojanova, si è creato un mercato nero di questa documentazione.
A tutto ciò si aggiungono i tempi lunghissimi per la formalizzazione della domanda d’asilo, che possono arrivare fino a tre mesi, in violazione dei 13 giorni previsti dalla legge. Solo al momento della formalizzazione, infatti, il richiedente riceve il permesso di soggiorno temporaneo e il codice fiscale, strumenti indispensabili per accedere al Servizio sanitario, al mercato del lavoro e agli altri diritti fondamentali. Ritardare questa fase significa, di fatto, sospendere la vita delle persone per settimane, talvolta mesi.
Non va meglio per i rinnovi dei permessi di soggiorno, sia per i migranti ordinari che per i richiedenti asilo, che a Bologna impiegano fino a otto mesi. Nel frattempo, molti richiedenti rischiano di perdere il lavoro o di vedersi negati servizi essenziali, rimanendo in un limbo giuridico che li priva di qualsiasi certezza. «La ricevuta, il cosiddetto tagliandino, non viene riconosciuto da molti datori di lavoro o agenzie», sottolinea Stojanova.
Alla luce di queste criticità, le associazioni chiedono alla Questura di Bologna e alla Dirigenza dell’Ufficio Immigrazione di cessare immediatamente le prassi considerate illegittime e di adottare tutte le misure organizzative necessarie per ristabilire procedure conformi alla legge e ai principi di umanità.
ASCOLTA L’INTERVISTA A IVANA STOJANOVA:







