Come ha fatto Zohran Mamdani a vincere le elezioni di New York? È questa la domanda che molti si pongono, perché il successo del candidato, socialista e musulmano, ha scardinato molti luoghi comuni sugli Stati Uniti in sè e sulla politica in generale.
Nell’epoca dei neo-nazionalismi e del razzismo – incarnato dal MAGA trumpiano – un giovane figlio di immigrati, di fede islamica, e con idee considerate radicali nel mondo contemporaneo (in realtà Mamdani si inserisce nella tradizione che, in Europa, era quella della socialdemocrazia) è riuscito a ribaltare la narrazione e a conquistare la poltrona di sindaco della capitale finanziaria mondiale.

Il socialista Mamdani sindaco di New York: com’è stato possibile?

Per comprendere le ragioni del risultato elettorale occorre sia un po’ di contesto, sia leggere la biografia di Mamdani.
New York è una città dove i Democratici hanno una lunga tradizione di governo. È una città dove, per usare un’espressione in voga in Italia, si è radicata la “sinistra ztl”, cioè un ceto medio-alto progressista, più attento ai diritti civili che a quelli sociali.
Lo stesso Mamdani ha una biografia che i nostri rossobruni definirebbero “globalista”, figlio di una regista indiana di fama internazionale e di un intellettuale, quindi non è figlio della working class.

La sua campagna elettorale, però, ha rappresentato un elemento di novità rispetto alla tradizione democratica. Invece di ripercorrere il solco di governo e cavalcare lo zoccolo duro elettorale benestante, Mamdani ha ha scelto di presentare un programma che parla ai più poveri, agli espulsi per il carovita, alle classi meno agiate e a quelle medie che si stanno impoverendo.
In altre parole, ha saputo leggere le tendenze elettorali globali degli ultimi anni, dove il consenso si trasferisce verso quelle forze politiche che, più o meno sinceramente, offrono protezione e ha intercettato le trasformazioni urbane e sociali del territorio, che si traducono in bisogni della classe popolare, costruendo un programma sul welfare.

«È realismo, non è rivoluzionario», la strategia e il programma di Mamdani

Ad entrare ancora più nel dettaglio della ricetta socialista di Mamdani è, ai nostri microfoni, l’economista Marta Fana. «Secondo me gli elementi della strategia politica di Mamdani che sono risultati vincenti sono due – osserva Fana – da un lato è riuscito a restituire a tanti la possibilità di pensare alla città come il loro luogo. Uno degli spot della campagna elettorale diceva qualcosa come: New York è una bellissima città, ma cosa ce ne facciamo se non ci possiamo vivere? Dall’altro lato, l’aver condotto una battaglia dal basso verso l’alto, cioè aver individuato un nemico chiaro: ci sono dei milionari, dei rentier, cioè chi estrae valore dalle nostre città e sono sempre di meno».

L’economista sottolinea che a fare la città di New York, come tutte le altre nel mondo, sono lavoratrici e lavoratori di diversi strati sociali, sono le donne delle pulizie, chi lavora nei ristoranti e negli alberghi, insegnanti e educatrici, chi lavora in sanità e si occupa di cura, gli operai. A loro Mamdani ha parlato individuando pochi punti netti, che rispondevano ai bisogni: gli asili devono essere per tutti e gratis, «quindi si pagano con la fiscalità generale tassando i ricchi», sottolinea Fana; la casa deve essere un diritto accessibile e di base; trasporti pubblici, che devono essere veloci, gratuiti ed efficienti per tutti, «perché va garantito il diritto alla mobilità e perché, soprattutto, anche in un’ottica di cambiamento climatico, il trasporto pubblico è lo strumento più sostenibile – sottolinea l’economista – ma è anche più democratico».

Mamdani, quindi, ha presentato un programma incentrato sul welfare, proprio in un’epoca di suo arretramento generalizzato. «Oltretutto è una bufala che il welfare faccia male all’economia – sottolinea Fana – perché sono mansioni e professioni ad altissimo valore aggiunto, che portano tanti punti di pil. Il punto è che è un pil distribuito, che va a dare sicurezza sociale, ma anche potere d’acquisto, che significa protezione, e non concentrato nelle mani di pochi».
In altre parole, il modello alternativo con cui Mamdani ha vinto le elezioni punta a creare democrazia.

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