L’arrivo delle AI Overviews di Google ha rappresentato una frattura nel modo in cui i contenuti vengono intercettati e fruiti. Ora non si deve puntare solo ad una buona posizione organica, perché la risposta può essere data direttamente dall’intelligenza artificiale integrata nel motore di ricerca.
Quando si lavora alla SEO ma anche ai contenuti di un sito o di un progetto editoriale online, dati i cambi di scenario che dominano la realtà odierna, non ci si può che chiedere: come andare a progettare un contenuto che non solo entri nelle sintesi generate dall’AI, ma che riesca anche a portare l’utente a cliccare e approfondire?
Quando la risposta in SERP arriva prima del click
La logica dei risultati di ricerca sta cambiando, infatti, siamo passati dalla classica SERP che in qualche modo ti portava a cliccare su un sito per leggerne il contenuto e magari ottenere la risposta ad una domanda, ad una nuova anteprima di risposta generata con l’IA che riassume il contenuto di diversi siti rispondendo in modo immediato alla richiesta dell’utente.
Insomma, l’utente riceve un estratto, spesso esaustivo, già nella pagina dei risultati: un riassunto che combina fonti diverse, organizzato dall’algoritmo per offrire l’impressione di completezza immediata.
In questo contesto, la differenza tra essere menzionati e restare invisibili si gioca sulla capacità di dimostrare rilevanza, affidabilità e valore aggiunto.
Le strategie editoriali che puntavano su keyword generiche e volumi elevati mostrano tutta la loro fragilità: contenuti “riempitivi” che non rispondono a un bisogno reale non trovano più spazio, né nell’attenzione degli utenti né nell’indice di Google.
La sfida diventa quindi ripensare i contenuti come risorse che dialogano con l’intelligenza artificiale e con la mente di chi cerca, senza fermarsi al dato numerico del traffico.
Dal semplice contenuto alla creazione di un progetto editoriale
Non è sufficiente scrivere testi ottimizzati: occorre immaginare i contenuti come tasselli di un sistema editoriale più ampio. La differenza la fa la progettazione, intesa non solo come scelta delle keyword ma come definizione di un’esperienza narrativa.
Ogni contenuto dovrebbe essere pensato per rispondere a tre domande:
- A cosa serve per l’utente? Deve risolvere un problema, offrire un’informazione chiara, dare un punto di vista.
- Cosa comunica del brand? Ogni testo diventa occasione per trasmettere tono di voce, credibilità, posizionamento.
- Dove può vivere oltre al blog? Un contenuto efficace non resta confinato a un’unica piattaforma, ma trova declinazioni diverse su newsletter, social, presentazioni, video brevi.
In questo senso, i formati ibridi diventano indispensabili: il testo scritto resta la base, ma immagini, grafici, caroselli o audio integrati ne amplificano la forza, adattandolo ai diversi momenti di fruizione.
La forza delle strutture narrative
Anche il contenuto tecnico può essere narrativo. Raccontare un processo, un cambiamento o un punto di vista personale significa creare un legame che resiste al consumo rapido delle sintesi AI.
Un tutorial ben fatto non è soltanto una sequenza di passaggi, ma la descrizione di un percorso in cui l’utente si riconosce.
La narrazione non va confusa con la retorica: si tratta piuttosto di dare coerenza e ritmo, di far emergere un tono riconoscibile. È quello che distingue un contenuto replicabile da uno che lascia traccia.
UX writing e leggibilità: quando la forma è sostanza
Nell’epoca degli estratti AI, la capacità di scrivere testi scansionabili e orientati all’azione è ancora più determinante.
Titoli chiari, sottosezioni ben distinte, uso strategico di elenchi e box di approfondimento facilitano non solo la lettura, ma anche la comprensione algoritmica del contenuto.
La leggibilità è diventata ancora più rilevante sia per Google sia per gli utenti. Infatti, un testo leggibile sicuramente viene premiato dal motore di ricerca e anche dall’IA Overview perché questo permette a Google di interpretare meglio la struttura semantica e agli utenti al contempo gli permette di decidere se vale la pena restare sulla pagina e continuare a leggere, soprattutto se stanno navigando dal loro smartphone.
Dall’ideazione del contenuto alla sua diffusione
Un contenuto ben fatto non esprime tutto il suo potenziale se resta confinato a un unico canale. La progettazione editoriale post-AI Overview deve prevedere già in fase di ideazione dove e come quel contenuto verrà diffuso.
Un articolo pubblicato sul blog può diventare la base per un carosello LinkedIn, un estratto per la newsletter, uno script per un video breve, una citazione per un comunicato stampa.
L’idea di un contenuto a vita unica è superata: oggi vince chi riesce a dare molte vite allo stesso lavoro, moltiplicandone la visibilità.
SEO tecnica e contenuto empatico
Al centro di un buon contenuto non possono mancare gli accorgimenti tecnici quali: architettura del sito, markup, velocità di caricamento, corretta implementazione dei dati strutturati: tutti elementi che aiutano Google a comprendere e valorizzare i contenuti.
Oltre alla tecnica, però è necessario avere un’ottima comprensione del tema ma soprattutto delle esigenze reali del lettore: scrivere pensando alle persone, non solo all’algoritmo.
Come spiega Isan Hydi, CEO di Wolf Agency: «il contenuto visibile e citato nelle AI Overviews è quello che unisce due dimensioni: la chiarezza tecnica e la voce umana. Google intercetta il dato, ma gli utenti scelgono se cliccare o meno in base a come si riconoscono in quel testo. Il nostro compito è progettare pensando a entrambi».
Un contenuto, infatti, può avere tutte le keyword al posto giusto, ma se manca la capacità di parlare davvero al lettore, non porta risultati.
La copywriter Silvia Faenza di Wolf Agency lo sintetizza così: «La scrittura per l’AI non è diversa dalla scrittura per le persone, se la intendi nel modo giusto. Significa togliere tutto ciò che è superfluo, rendere chiara l’intenzione, e allo stesso tempo dare un ritmo e un contenuto che mantenga vivo l’interesse dell’utente. L’AI può citarti, ma è il lettore che deve essere soddisfatto, soprattutto se chi legge è un tuo potenziale cliente».
L’AI può togliere o può veicolare visibilità, ma la fidelizzazione nasce solo quando il contenuto sa creare relazione.
Il futuro dei contenuti non è fatto di singoli articoli isolati, ma di ecosistemi editoriali capaci di adattarsi a piattaforme diverse e a modalità di fruizione ibride.
La scrittura diventa progettazione, la SEO diventa architettura semantica, la distribuzione diventa strategia integrata.
Lavorando in questa direzione si può trasformare la visibilità in traffico qualificato, in reputazione e in fiducia.
E alla fine, ciò che resiste agli update non è l’ottimizzazione di breve periodo, ma la capacità di essere riconosciuti come voce autorevole, leggibile e indispensabile.