Quanto sta accadendo sulle Dolomiti è un esempio lampante di quanto gli equilibri in natura siano delicati e la loro alterazione possa produrre effetti devastanti. Dopo la tempesta Vaia che nell’autunno del 2018 schiantò a terra 40mila ettari di alberi, un piccolo insetto, il bostrico, sta distruggendo altrettanti alberi, in particolare gli abeti rossi. E quel che è peggio è che la crisi climatica sembra essere un fattore che lo agevola nella sua distruzione.
Il tema è noto da tempo, ma ciclicamente viene rilanciato l’allarme perché, ad oggi, non sembra esserci una soluzione definitiva per salvare i boschi di conifere.
L’azione devastante del bostrico, l’insetto che distrugge gli abeti rossi con la complicità della crisi climatica
Quanto è accaduto nel 2018 con la tempesta Vaia ha avuto un impatto impressionante. Le foto dell’epoca che ritraggono circa quattordici milioni di alberi sradicati dal vento hanno fatto impressione perché si trattava di grandi piante, non di piccoli alberelli.
I danni prodotti dalla tempesta, però, non si sono esauriti con lo schianto degli alberi. Quelli sopravvissuti, infatti, sono risultati indeboliti e ciò ha favorito l’azione di un piccolo coleottero, il bostrico, che colpisce alberi già morti o deboli infliggendo un vero e proprio colpo di grazia. Nello specifico, l’insetto scava buchi nella corteccia e ciò compromette ulteriormente piante già in difficoltà.
Il bostrico, tuttavia, è un insetto autoctono. Non si tratta di una specie allogena che viene introdotta più o meno volontariamente e che inizia a provocare danni.
Qual è allora l’elemento che lo ha trasformato da parte di un ecosistema in minaccia per l’ecosistema stesso? La risposta è amara: la crisi climatica.
A causa dell’aumento delle temperature, infatti, è diminuita la mortalità invernale del bostrico, che è passata da circa il 50% a circa il 30%. In altre parole, un 20% di esemplari in più che possono continuare a devastare gli alberi e a riprodursi.
«C’è un ulteriore fattore – spiega ai nostri microfoni Luigi Torreggiani, giornalista, dottore forestale e coautore del libro “Sottocorteccia” – La crisi climatica sta mandando in crisi la pianta ospite, cioè l’abete rosso, e più la pianta è in crisi, più è facile che il bostrico la attacchi. L’abete rosso negli scorsi secoli è stato piantato massicciamente da noi umani per esigenze produttive. Quindi ci troviamo grandi vastità di boschi monospecifici anche dove l’abete rosso non sarebbe proprio nel clima ottimale».
Negli ultimi tempi l’infestazione di bostrico sembra essersi un po’ placata, ma il problema potrebbe ripresentarsi in futuro perché la crisi climatica persiste. Basta infatti un periodo siccitoso a mandare in crisi l’abete rosso e a rinnovare l’attacco dell’insetto.
Una delle possibili soluzioni di cui si sta discutendo è quella che passa per la biodiversità. Il problema dei boschi compromessi deriva infatti anche dalla presenta di una sola specie. Ciò che in realtà si è cominciato a fare dal secondo dopoguerra è una gestione più naturalistica delle foreste. «Ora si tratta di accelerare questo processo», sottolinea Torreggiani.
ASCOLTA L’INTERVISTA A LUIGI TORREGGIANI: