Comincia oggi e durerà tre giorni la visita del presidente cinese Xi Jinping a Mosca. Un incontro istituzionale col presidente russo Vladimir Putin che Pechino stessa ha definito “visita per la pace“. Il riferimento è ovviamente alla guerra in Ucraina e ai suoi possibili sbocchi, dal momento che la situazione sembra impantanata in uno scontro frontale e muscolare, di volta in volta più teso, tra la stessa Russia da un lato e l’Ucraina insieme alla Nato dall’altro.
La Cina, pur mantenendo le relazioni economiche con la Russia, si ritaglia un ruolo di mediatrice del conflitto mettendo sul tavolo una proposta di pace che, ad oggi, rimane l’unica avanzata a livello internazionale.

Il ruolo della Cina e la proposta di pace nella visita di Xi Jinping in Russia

Dall’inizio del conflitto ad oggi la Cina ha rappresentato un’ancora di salvezza per Mosca. Lo sbocco cinese all’economia russa, con l’acquisto di petrolio e gas, ha permesso a Putin di non cadere sotto il peso delle sanzioni occidentali.
In oltre un anno di conflitto, i due presidenti si sono incontrati di persona solo a Samarcanda, al vertice di settembre 2022 dei Paesi Sco. Da allora, soprattutto dalle comunicazioni cinesi, è sparita ogni citazione della «partnership senza limiti» evocata dai due presidenti ad appena tre settimane dall’inizio della guerra in Ucraina.

Il presidente presidenziale russo Yuri Ushakov ha fatto sapere che i due presidenti firmeranno un documento su una «nuova era della partnership e delle relazioni strategiche» bilaterali, assieme ad un altro patto sullo sviluppo della cooperazione economica fino al 2030. Più tiepida la versione cinese, che parla di «amicizia volta ad approfondire la fiducia reciproca».
Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha affermato che gli scopi della politica estera cinese sono mantenere la pace nel mondo e promuovere lo sviluppo comune e ha sostenuto che, sulla questione Ucraina, «la Cina si è sempre schierata dalla parte della pace, del dialogo e della correttezza storica. La proposta da noi presentata può essere riassunta in una frase: perseguire la pace e promuovere i colloqui».

Per Alessandro Albana, docente del corso “La Cina e il mondo: prospettive storiche contemporanee” all’Università Ca’ Foscari di Venezia, è difficile fare previsioni sui risultati della visita a Xi Jinping in Russia. In particolare, attorno all’evento si registrano da un lato lo scetticismo occidentale sugli effettivi passi avanti per la risoluzione del conflitto in Ucraina e, dall’altro, la speranza che il presidente cinese riesca a giocare un ruolo di mediazione.
«La Russia ha una sua politica estera che non è dipendente dalle Cina – sottolinea Albana – e si ventila l’ipotesi di colloqui telefonici con l’Ucraina alla fine della visita».

Il docente sottolinea che dai documenti e dalle dichiarazioni di autorità cinesi è sempre emerso in questo anno di conflitto che Pechino non è contenta della campagna militare russa e, anzi, l’interesse cinese sarebbe quello del mantenimento di una stabilità e sicurezza internazionali.
Allo stesso modo, è nel solco della mediazione anche il documento pubblicato il 24 febbraio 2023, ad un anno esatto dall’inizio del conflitto, che viene considerato il piano di pace cinese.

«Quel documento riprende in modo più articolato il documento in cinque punti del 25 febbraio 2022», sottolinea Albana. Nello specifico, si riconosce da un lato la legittimità delle preoccupazioni di Mosca sull’avanzata della Nato ai confini della Federazione russa, mentre dall’altro si afferma il rispetto della sovranità territoriale di tutti i Paesi, riconoscendo quindi all’Ucraina la necessità di salvaguardare il proprio territorio nazionale.
«Pensare e sperare che la Cina abbandoni completamente le sue relazioni con la Russia – conclude il docente – e si muova nel senso di una condanna del Paese. Saremmo oltre il confine della ragionevolezza».

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