Trattenuti per un week end alla frontiera dalle autorità croate mentre cercavano di consegnare aiuti umanitari ai migranti bloccati in Bosnia. È successo ai volontari di “Bologna sulla rotta“, una rete solidale nata nella nostra città che sta mettendo in campo iniziative umanitarie a beneficio dei profughi che percorrono la rotta balcanica. Mauro Collina, volto noto dell’attivismo bolognese e presidente dell’associazione La Villetta, è stato addirittura costretto a restare sempre a bordo del furgone, dove ha dovuto anche dormire, mentre agli altri attivisti è stato intimato di lasciare la Croazia entro 12 ore.

Solidali con i profughi, la disavventura in ex Jugoslavia

Tutto ha inizio il 23 dicembre dell’anno scorso, quando un incendio devasta il campo profughi di Lipa, in Bosnia, dove trovavano accoglienza un migliaio di persone respinte da Croazia, Slovenia e Italia. In seguito a quell’evento, le autorità non avevano dato soluzioni ai migranti, costringendoli a cercare ripari di fortuna e a vivere sotto la neve.
La notizia provocò indignazione e in Italia cominciarono le iniziative di solidarietà per raccogliere beni di prima necessità. Tra queste, anche quella promossa a Bologna dall’associazione La Villetta e l’associazione Lo Scoiattolo. Un’iniziativa solidale che poi si è allargata, dando vita alla rete “Bologna sulla rotta”.

Venerdì scorso due camion di aiuti sono partiti da Bologna diretti in Bosnia. Un mezzo è riuscito ad arrivare a destinazione, mentre il secondo è riuscito inizialmente a passare la Croazia dalla frontiera di Samac, ma è stato subito rimandato indietro dalle autorità bosniache. «Ci hanno respinti in malo modo – racconta Collina ai nostri microfoni – e una volta tornati alle frontiera croata è cominciato il nostro film».
Gli agenti croati, vedendo che si trattava di un mezzo che aveva varcato la frontiera pochi minuti prima, lo ha fermato, impedendogli anche di tornare verso l’Italia. «Con delle scuse e dei pretesti – continua l’attivista – ci hanno costretti a rimanere in un piazzale, in questa sorta di terra di nessuno. Noi vedevamo le due frontiere, quella bosniaca e quella croata, ma hanno obbligato me, perché ero quello che aveva firmato tutti gli incartamenti, a non muovermi assolutamente dal furgone, con tutti i disagi fisici che ciò ha comportato».

A quel punto gli attivisti hanno contattato sia il Consolato italiano che l’associazione locale con la quale collaborano per smistare gli aiuti umanitari e dopo una lunga trattativa è stato possibile sbloccare la situazione.
«Abbiamo verificato, qualora ce ne fosse bisogno, che persiste questa volontà da parte del governo croato e anche di quello bosniaco di bloccare gli aiuti ai migranti», sottolinea Collina.
In ogni caso, nonostante la disavventura, gli attivisti tenteranno nuovamente l’impresa e affermano di voler andare avanti con la solidarietà. Al tempo stesso continuano a chiedere un corridoio umanitario per le persone che tentano di percorrere la rotta balcanica, venendo costantemente respinti.

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