Un tempo, quando si parlava di giocatori, ci si riferiva non senza un velo di stereotipia ad una categoria sociale di individui giudicati asociali, isolati, rinchiusi in quattro mura di casa dalla mattina alla sera. Il termine inglese “nerd”, in una sola parola, caricato di tutte le connotazioni negative possibili. Con la complicità anche delle Istituzioni, in alcuni casi, si è arrivati all’esclusione totale dei giocatori, considerati soltanto smanettoni da tastiera o da console e poco altro.
Progressivamente, però, attorno alla figura del gamer si è raccolta una considerazione differente. Si può parlare, in questo caso, di una autentica rivoluzione di costumi. Una rivoluzione culturale, nella società del nuovo Millennio che ha smesso di escludere i gamer, considerandoli sotto una luce nuova, diversa. Pulita, insomma.

Il gamer, professionista come tanti

Con la complicità delle televisioni e dei social, in un secondo momento, la figura del gamer ha assunto un valore specifico diverso. Oggi a questa categoria di individui si riconosce lo status di lavoratore. In pratica c’è davvero chi è riuscito a trasformare una passione, un hobby, un divertimento, nel suo lavoro. Guadagnarsi da vivere, ma giocando: è la realtà fattuale di oggi. Lo dimostrano i numeri che registrano piattaforme come Twitch, nate esclusivamente per dare spazio e scena ai giocatori. Poco importa quale sia il titolo e su quale tipologia di dispositivo: che si tratti di Fifa, insomma, di God of War o di gratis slots machine nuovissime è del tutto indifferente. L’importante è che ci si diverta, ancor meglio se lo si fa con la cura e la perizia di esperti del settore. Alla fine è come frequentare un webinar, per gli spettatori, e come fare invece lezione ad una classe per gli esperti di gioco come i gamer. Idoli indiscussi, ormai, delle nuove generazioni di utenti. E probabilmente vero riferimento per quanti, nei prossimi dieci anni, sceglieranno questa categoria anche come indirizzo di studi. Una rivoluzione annunciata, servita, sicura.

Ma cosa c’è dietro i giochi?

Parlare di gamer e giocatori professionisti – i cosiddetti PRO – oggi è scontato. Un dato di fatto, ormai. Eppure molto spesso non ci si chiede cosa c’è dietro ai gamer e ai prodotti che contribuiscono alla loro popolarità. Insomma, per fare grande un gioco basta essere bravi a praticarlo? La risposta è no, ovviamente. C’è bisogno che il gioco abbia delle caratteristiche e che quindi il suo sviluppo sia certosino, senza trascurare nessun tipo di dettaglio.

Per questo, prima di arrivare sulle piattaforme, i titoli vivono un lungo iter di formazione e modellazione. A creare letteralmente un gioco sono gruppi di persone qualificati che fanno capo ad una software house, nient’altro che la casa di produzione del gioco stesso. Il successo di un gioco parte da lontano, da quando cioè si va in fase di bozza, per poi passare all’elaborazione della trama, fino ai dettagli tecnici e più particolari. Un gioco nasce così e prima di essere giocato necessita anzitutto di tempo, poi di collaudo, necessario al suo lancio sul mercato. Alla fine, quel che si gioca e su cui ci si intrattiene, è il lavoro di un’intera filiera. Gli ingranaggi hanno bisogno di andare ciascuno al proprio posto.