L’umanità è stata capace di sbarcare su Marte ed arrivare a più formule di vaccino mRna in meno di un anno, ma non di produrlo velocemente in quantitativi sufficienti per dare una prospettiva certa e progressiva di uscita dalla pandemia. La ragione del paradosso ha un nome: capitalismo.
A qualche entusiasta del modello socio-economico egemone nel mondo potrà suonare retorico ma, al netto degli ostacoli tecnico-logistici, è proprio nell’approccio politico e ideologico anche al tema della salute che si annidano le difficoltà che stanno rallentando la fuoriuscita dalla pandemia, con un virus che si è “attrezzato” e continua a picchiare duro grazie alle varianti.

Se allo scoppio della pandemia il problema stava nell’impreparazione, ma soprattutto nei tagli alla sanità pubblica secondo le ricette delle “riforme strutturali” che hanno trasformato la salute in merce, oggi l’inghippo sta ancora una volta nell’approccio politico ed economico che gli Stati hanno nei confronti della produzione vaccinale.
Invece di attrezzarsi in modo collaborativo e universalistico per la produzione dell’unica arma a disposizione per contrastare il virus, gli Stati hanno continuato ad inseguire le logiche del profitto incarnate dai brevetti, al punto che oggi si tenta, da un lato, di correre disperatamente ai ripari improvvisando siti produttivi non senza difficoltà, dall’altro di risolvere le criticità facendo leva sul potere economico, tagliando fuori dall’utilizzo del vaccino la fetta più povera del mondo.

Vaccino anti-Covid, la produzione di emergenza è possibile?

Dopo la riunione della settimana scorsa, oggi i funzionari del Ministero dello Sviluppo Economico italiano tornano ad incontrare alcune aziende che si sono date disponibili a ragionare sulla produzione domestica di un vaccino anti-Covid.
«Il ministro Giorgetti ha espresso la volontà di collaborare con l’industria farmaceutica per far sì che anche l’Italia possa dare un contributo alla produzione dei vaccini – ha affermato questa mattina Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – Stiamo cercando di capire quali sono i bioreattori disponibili in Italia e quanti sono. Stiamo valutando questi fattori per mettere in atto questo piano strategico di produzione entro fine anno». A mancare, dunque, sembrerebbero essere alcune attrezzature indispensabili per la realizzazione di un vaccino ad mRna.

Secondo alcuni resoconti giornalistici potrebbe essere possibile arrivare alla produzione italiana entro quattro mesi o entro l’autunno. Previsioni, però, che si rivelano entusiastiche secondo gli stessi addetti ai lavori. «Non è un problema che si può risolvere in pochi giorni – continua Scaccabarozzi – serve tempo per adeguare le macchine ma l’Italia deve far parte di questo network di produzione europea perché ha un’industria d’eccellenza».
L’investimento, però, varrebbe comunque la candela, poiché, come ipotizza il presidente di Farmindustria, «questa potrebbe non essere l’ultima pandemia e bisogna farsi trovare preparati in questo campo».

«Diciamolo chiaramente, ci stanno prendendo in giro». Vittorio Agnoletto, uno degli otto proponenti la petizione europea per una moratoria sui brevetti, non ci gira intorno nel descrivere l’operazione che si sta consumando attorno alla possibilità di produrre vaccini in Italia.
Ai nostri microfoni, Agnoletto fornisce un’interpretazione di quello che sta succedendo: «Stanno cercando di individuare le aziende italiane che possano essere in grado di produrre il vaccino. Poi il governo passerebbe questi nomi alla Commissione europea, la quale li girerebbe a Pfizer, AstraZeneca e alle altre aziende che stanno producendo i vaccini, si inginocchia e chiede a queste aziende di fare dei contratti commerciali con queste altre».
In altre parole, si tratta del percorso commerciale ordinario, ma con lo scopo di permettere agli Stati di dire che stanno aumentando la produzione.

Agnoletto, però, insiste sul fatto che la soluzione proposta non sia né quella vera né risolutiva. «La soluzione è quella di ricorrere alla licenza obbligatoria da parte del governo italiano e di quelli europei appellandosi alla clausola di salvaguardia prevista negli accordi sulla proprietà intellettuale stabiliti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, che permettono ad uno Stato, in questa situazione di emergenza, di produrre direttamente farmaci e vaccini senza chiedere permesso alle aziende che hanno un brevetto e di risarcire ad un prezzo molto più basso le aziende che possiedono il brevetto e quindi di avviare la produzione».
Soluzione che, evidentemente, gli Stati non vogliono praticare, ragion per cui si limitano a cercare di favorire, anche con contributi economici a fondo perduto, accordi tra singole aziende.

Andrà anche a messa, ma Draghi non conosce solidarietà

Il neo-premier italiano Mario Draghi si è detto contrario all’invio di 13 milioni di vaccini all’Africa, proposta avanzata dalla Commissione Ue, con l’avallo di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Il diniego sarebbe arrivato durante il vertice europeo della settimana scorsa e a parlarne è stato il quotidiano francese Le Monde, che ha scritto che «l’ex presidente della Banca centrale europea non ne vuole sentire parlare».
L’Italia si sarebbe opposta anche per un eventuale invio in un secondo momento, una volta che in Europa le dosi si fossero rivelate sufficienti, come invece proponevano Belgio, Svezia, Paesi Bassi e Spagna.

«Vergogna e ignoranza definiscono questa scelta – commenta Agnoletto – Vergogna perché ci si rifiuta di un minimo gesto di solidarietà di fronte a miliardi di persone che non hanno accesso a terapie e vaccini».
La posizione di Draghi, però, per Agnoletto denota anche ignoranza, dal momento che siamo in mezzo ad una pandemia e lasciare che il virus si diffonda incontrollato e muti in intere zone del mondo può rivelarsi un boomerang anche per l’Occidente. «Si selezionaranno dei ceppi virali maggiormente aggressivi – insiste – che attraverso i meccanismi della globalizzazione arriveranno anche in occidente e non è detto che noi avremo in quel momento un vaccino in grado di bloccare quelle varianti».

ASCOLTA L’INTERVISTA A VITTORIO AGNOLETTO: