Quanti, italiani e stranieri, vivono in strutture di accoglienza collettive o non hanno i documenti rischiano di essere esclusi dalla campagna vaccinale. È l’allarme lanciato dal Tavolo Immigrazione e Salute, che ha scritto al ministro Roberto Speranza per sollevare il problema e suggerire alcune soluzioni.
Pur esistendo il diritto, infatti, aver individuato nel medico di famiglia il tramite per l’accesso al vaccino rischia di tradursi in un ostacolo insormontabile per persone già vulnerabili e socialmente fragili, a meno che in ogni Asl non si individui un medico di riferimento per queste categorie.

Vaccini, il rischio di escludere senzatetto e migranti

La campagna di vaccinazione va avanti a rilento, prima per i ritardi nelle forniture da parte delle società produttrici e ora per la complessità della macchina organizzativa. Ma ci sono categorie di persone che rischiano di restare direttamente escluse dal vaccino stesso e ciò a causa della modalità che le autorità hanno individuato per la somministrazione.
Si tratta di persone vulnerabili e socialmente fragili, coloro – tra italiani e stranieri – che vivono in strutture collettive di accoglienza. «Queste persone rischiano di non accedere alla vaccinazione semplicemente perché non hanno un medico di base», sottolinea ai nostri microfoni Marco Paggi di Asgi, che fa parte del Tavolo.

In particolare, si tratta di coloro che sono senza documenti o permesso di soggiorno, le persone senza fissa dimora, i cittadini comunitari in condizione di irregolarità amministrativa, i richiedenti asilo che ancora non hanno potuto accedere al servizio pubblico e gli apolidi, ma anche chi vive in insediamenti informali o comunque chi non ha il medico di base ed ha difficoltà di accesso al servizio sanitario. Tra questi vi sono anche le centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici straniere in fase di regolarizzazione ed in attesa del permesso di soggiorno, per i quali non sempre è stato dato accesso al servizio sanitario, pur avendone diritto.
«Spesso sono persone vulnerabili non solo a causa di patologie che presentano – osserva Paggi – ma anche perché vivono in situazioni molto promiscue oppure sono costrette, come i senza fissa dimora ospitati nei dormitori la notte, a stare in giro tutto il giorno».

Il Tavolo Immigrazione e Salute, composto da Associazione Studi Giuridici Immigrazione, Caritas Italiana, Centro Astalli, Emergency, Intersos, Médecins du Monde, Medici contro la Tortura, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Sanità di Frontiera e Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, ha scritto al ministro della Salute Roberto Speranza per sollevare il problema. Un problema che, sottolinea l’esponente di Asgi, «è di interesse pubblico e non riguarda solo le categorie interessate, che in molti casi dovrebbero essere già incluse nella seconda fase della vaccinazione». In altre parole, è anche per la salute pubblica che occorre garantire l’accesso ai vaccini alle categorie socialmente fragili.

Nelle Faq presenti sul sito dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) ci sono le indicazioni per effettuare la vaccinazione alle persone in condizioni di fragilità sociale accettando, si legge, «qualsiasi documento (non necessariamente in corso di validità) che riporti l’identità della persona da vaccinare» e «In mancanza di un qualsiasi documento verranno registrati i dati anagrafici dichiarati dalla persona e l’indicazione di una eventuale ente/struttura/associazione di riferimento».
Per prenotare il vaccino, però, occorre iscriversi tramite una piattaforma o presso il proprio medico di base e ciò «potrebbe essere un ostacolo discriminante per la popolazione socialmente più fragile, come è già successo in alcune Regioni con l’obbligatorietà di ricetta dematerializzata e prenotazione on line», sottolinea il tavolo.

Nella lettera le associazioni presentano al Ministero una serie di raccomandazioni per includere nel piano vaccinale le categorie ad oggi a rischio di esclusione. Nello specifico, si chiede di inserire specifiche modalità di inclusione nel piano vaccinale dei soggetti socialmente fragili, di prevedere una “flessibilità” amministrativa per agevolare la vaccinazione a chi si trova sul territorio nazionale pur non avendo documenti e di valorizzare il ruolo dell’associazionismo, il coinvolgimento delle comunità di immigrati e di mediatori culturali per favorire la comunicazione ed identificare le persone affette da particolari fragilità socio sanitarie da sottoporre subito a vaccinazione.
«Queste misure possono favorire una migliore e capillare distribuzione del vaccino fra tutta la popolazione presente sul territorio nazionale con una maggiore copertura per una reale garanzia di salute pubblica e riducendo il rischio di differenziazione fra Regioni e Asl circa procedure, modalità e processi a tutela della popolazione più fragile e hard-to-reach», concludono le associazioni, chiedendo al Ministero un confronto e il coinvolgimento attivo sul tema.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARCO PAGGI: