Se la salute fosse sottratta al mercato ed esistessero fabbriche pubbliche del farmaco, i vaccini avrebbero fatto risparmiare al mondo circa 41 miliardi di dollari, che si sarebbero potuti investire altrove, ad esempio contro la povertà in aumento proprio a causa del Covid.
È quanto si evince dal rapporto “The Great Vaccine Robbery” (la grande ruberia dei vaccini) della People’s Vaccine Alliance di cui fanno parte anche Oxfam Italia ed Emergency. In particolare, la politica dei prezzi delle grandi multinazionali che stanno producendo vaccini anti-Covid comporta che i vaccini vengano pagati dagli Stati fino a 24 volte il costo di produzione e nonostante gli 8,2 miliardi di finanziamenti pubblici alle aziende per sviluppare i vaccini stessi.

I costi del capitalismo sui vaccini

Il rapporto è uscito l’estate scorsa e non contiene solo una previsione per il 2021. La People’s Vaccine Alliance, infatti, ha conteggiato i ricavi di Pfizer/BioNTech e ModeRna del primo semestre dell’anno, che sono stati pari a 26 miliardi di dollari, di cui 4,3 miliardi di utili. Al contrario, le tasse pagate dalle multinazionali del farmaco hanno avuto aliquote tra il 7 e il 15%, che si sono tradotte in appena 322 milioni di gettito.
Un affare colossale in un contesto che, grazie ai brevetti, consente ai due colossi di non avere concorrenti, quindi di poter praticare prezzi esosi. Ed è per questo che, a fronte di costi di produzione che vanno da 1,18 a 2,85 dollari a dose, i vaccini sono stati venduti dai 16,5 ai 42 dollari a dose.

Nel dettaglio, l’Italia nel primo semestre ha speso 4,1 miliardi di euro in più. Soldi che – sottolineano Oxfam ed Emergency – avrebbero consentito di allestire 40mila nuovi posti in terapia intensiva in più o di assumere 49mila nuovi medici. Non va meglio per la Germania, che avrebbe potuto risparmiare 5,7 miliardi di euro, e nemmeno per la Gran Bretagna, che ha avuto un esborso di 1,8 miliardi di sterline proprio a causa del sovrapprezzo praticato sui vaccini.
Cifre che hanno alimentato l’appetito della speculazione finanziaria ed è per questo che le azioni e le rispettive rendite dei titoli delle multinazionali sono schizzate in Borsa.

Le soluzioni: via i brevetti e fabbriche pubbliche dei farmaci

Sono due le strade per ostacolare e ridurre le speculazioni di Big Pharma sui vaccini e sui farmaci in generale, arrivando così a sottrarre un bene primario come la salute dalle grinfie del mercato. In particolare c’è una soluzione contingente, la rimozione dei brevetti sui vaccini, e una soluzione strutturale, la creazione di fabbriche pubbliche dei farmaci.
Contrariamente a quanto sostiene chi è a favore dei brevetti, la loro rimozione ha già un dato storico che ne evidenzia la portata: per il trattamento dell’Hiv la rimozione del brevetto ha consentito una riduzione dei prezzi del 99%.

La liberalizzazione dei brevetti sarebbe una misura interna al mercato stesso, che andrebbe a rompere il monopolio delle multinazionali che attualmente producono vaccini e a generare un regime di concorrenza che avrebbe un duplice effetto positivo: incrementare la produzione di vaccini e condizionare le politiche dei prezzi, arrivando a calmierarli.
Contro il rischio che le aziende dei farmaci facciano cartello, tuttavia, è possibile immaginare anche una soluzione strutturale, come la creazione, o sarebbe meglio dire l’implementazione, di fabbriche pubbliche dei farmaci, che si occupassero di produrre medicinali per patologie che Big Pharma non ritiene redditizie e proteggessero la salute dalle speculazioni del mercato.

In Italia, ad esempio, esiste già una fabbrica pubblica del farmaco. Si tratta dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare che attualmente produce farmaci “orfani” e altri prodotti sanitari e a cui, negli anni, la politica ha via via ridotto il ruolo. La storia, l’utilità e l’importanza di una fabbrica pubblica del farmaco viene ricostruita in un articolo a firma di Aldo Gazzetti e Gianluigi Trianni.
Poiché una fetta consistente della ricerca viene svolta dalle università pubbliche e spesso, come nel caso dei vaccini anti-Covid, gli investimenti in ricerca e sviluppo dei farmaci sono pubblici, l’idea di creare una fabbrica pubblica dei farmaci, magari di dimensione europea, potrebbe rappresentare un antidoto ai problemi che si sono registrati attorno ai vaccini anti-Covid, sia per ciò che concerne i prezzi, sia per i problemi nelle forniture.

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