Si intitola “Rinchiusi e sedati” l’ultimo numero di Altreconomia, uscito alla fine della settimana scorsa. Il focus della copertina è riservato ad un’inchiesta pubblicata all’interno e realizzata da Luca Rondi e Lorenzo Figoni sull’abuso di psicofarmaci nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr).
Da tempo associazioni umanitarie, attivisti e avvocati denunciano la somministrazione, anche non consenziente, di psicofarmaci ai migranti reclusi in strutture di quel tipo, ma l’inchiesta di Rondi e Figoni quantifica l’utilizzo dei medicinali utilizzati per sedare le persone. E i numeri sono impressionanti.

L’inchiesta di Altreconomia sull’abuso di psicofarmaci per sedare i reclusi nei Cpr

«Noi abbiamo chiesto i dati di spesa degli psicofarmaci alle Asl dove insistono i Cpr – spiega ai nostri microfoni Rondi – e abbiamo messo a confronto la spesa in psicofarmaci interna ai Cpr con la spesa in psicofarmaci di un servizio locale di Vercelli, che si occupa di persone straniere senza il permesso di soggiorno in una fascia di età sovrapponibile a quella dei trattenuti nei Cpr, quindi erano due popolazioni simili».
I dati sono agghiacchianti. Se nel centro di Vercelli la spesa in psicofarmaci ammonta allo 0,6%, nel Cpr di Milano la spesa in psicofarmaci raggiunge il 64%, in quello di Torino il 44% e in quello di Roma il 51%.

Dati che certificano un grave malessere nelle strutture della cosiddetta detenzione amministrativa, una forma di reclusione introdotta nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano con la creazione dei Centri di Permanenza Temporanea (Cpt), poi trasformatisi un Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) sotto il governo Berlusconi e, con la legge Minniti, diventati Cpr. Luoghi di detenzione in cui i migranti finiscono per un’irregolarità amministrativa, la mancanza del permesso di soggiorno, e non per reati penali, ma che sono a tutti gli effetti delle carceri.

«All’interno dei centri si spende, come nel caso di Milano, fino a 170 volte in più di quello che si spende a Vercelli – osserva il giornalista – Questa spesa eccessiva l’abbiamo tradotta nel sovrautilizzo di psicofarmaci per rendere in qualche modo sopportabile un ambiente estremamente degradato, in cui le persone passano i loro giorni senza fare alcuna attività in attesa di essere rimpatriate, cosa che avviene in meno del 50% dei casi».
Lo stesso ministro degli Interni Matteo Piantedosi, che dopo la strage di Cutro ha previsto procedure semplificate per aprire nuovi Cpr, li ha definiti «luoghi non gradevoli». Un eufemismo visti i dati sull’abuso di psicofarmaci.

Il punto aperto dall’inchiesta su Altreconomia, però, riguarda il diritto alla salute delle persone recluse nei Cpr. Rondi e Figoni, infatti, indagano anche la tipologia di psicofarmaci utilizzati e il risultato è un’ampia spesa in antipsicotici ed antiepilettici.
«Ma una persona con una patologia psichiatrica, può entrare in un luogo come il Cpr? – si domanda Rondi – E soprattutto: entra con una patologia psichiatrica o quel farmaco, che ha effetti collaterali molto pesanti, viene utilizzato al di fuori di quello che è previsto nel foglio illustrativo come sedativo?».
Interrogativi inquietanti, a cui viene data una risposta: «In entrambi i casi, vengono utilizzati come sedativi – spiega il giornalista – e i dati che ci hanno fornito alcune Prefetture raccontano di una presa in carico psichiatrica non adeguata, con visite bassissime rispetto alla spesa per antipsicotici e antiepilettici».

Gli interrogativi, a questo punto, si moltiplicano: le persone a cui vengono somministrati questi farmaci hanno espresso il loro consenso e sono consapevoli di ciò che andranno ad assumere?
«Noi riportiamo la testimonianza di un operatore che ha lavorato all’interno di un Cpr – racconta il giornalista – che ci diceva che i più giovani non sapevano neanche cosa fosse il Rivotril, che è il più utilizzato all’interno dei centri».
A maggio 2022 lo stesso Viminale, in un regolamento sull’idoneità per l’ingresso nei Cpr, scrive che le patologie psichiatriche dovrebbero essere causa di esclusione. «Com’è possibile – conclude Rondi – che il Ministero dica che quelle persone non dovrebbero entrare in quei centri, perché non adeguati per la loro condizione, e poi abbiamo una spesa così alta in antipsicotici e antiepilettici?».

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