È accaduto un fatto increscioso negli scorsi giorni presso il dipartimento di Filosofia nell’ateneo di Bologna: un professore avrebbe richiesto agli studenti sotto esame di coprirsi gli occhi, per evitare che, trovandosi in DAD nelle proprie case, potessero copiare la risposta da dare.
L’evento ha scatenato la dura risposta di Link Studenti Indipendenti, la rete studentesca locale per la promozione dei diritti degli universitari, che non ha mancato di sottolineare lo svilimento che tale pratica può aver arrecato sugli esaminandi.

L’esame incriminato, punta dell’iceberg dei problemi dell’Unibo

Durante un esame orale della triennale di Filosofia il professore, per una parte della valutazione − in questo caso la ripetizione di uno schema a memoria − e, per sincerarsi che gli studenti non lo leggessero sul momento ma che, effettivamente, l’avessero imparato, ha richiesto agli studenti di coprirsi gli occhi con le mani. Link ha considerato inaccettabile l’utilizzo di questa pratica, in quanto svilisce l’attività dello studente, oltre a rappresentare un espediente alquanto antiquato, «quasi da scuola elementare di inizio secolo, dove ti bacchettavano le mani se sbagliavi la risposta», ha osservato ai nostri microfoni Francesco Lopes di Link.

«L’utilizzo di questo metodo di valutazione va contro le direttive date dall’Ateneo per la gestione degli esami in situazione di didattica a distanza – osserva Lopes – come può essere il muovere il computer per mostrare che nella stanza non ci siano bigliettini o persone, e che sono in grado di garantire che lo studente non copi e, allo stesso tempo, di non degradarne la dignità».
Il fatto è stato segnalato attraverso i rappresentanti degli studenti di Filosofia, oltre che alla stampa, anche agli organi interni all’università, al coordinatore e al direttore del dipartimento, e al garante degli studenti, cui è stato richiesto di dare un richiamo al docente, e di invitare il resto del corpo a mantenere pratiche consone alle indicazioni, già previste e adottate, nell’Alma Mater. L’accaduto è stato comunque condannato da tutti i professori di Filosofia, e gli studenti coinvolti hanno riscontrato solidarietà in tutto l’Ateneo, anche dagli organi direttivi degli altri dipartimenti.

Gli altri problemi dell’Unibo

Non è comunque il primo problema di cui Link si è dovuto occupare, dato che la pandemia ha danneggiato notevolmente il sistema universitario, e a farne le spese in primis sono stati proprio gli studenti, che si sono visti assottigliare i diritti sempre di più: in particolare c’è stato il mantenimento del sistema dei crediti per l’assegnazione di borse di studio, alloggi, per l’esenzione dalle tasse universitarie e per il rinnovo del permesso di soggiorno degli studenti stranieri; o ancora la presentazione dell’ISEE del 2018 per l’immatricolazione all’anno accademico corrente, laddove la situazione economica di molte famiglie è decisamente peggiorata proprio in tempi recenti; o ancora quote pagate per servizi mai effettivamente erogati o drasticamente ridotti.

«La media degli studenti italiani laureati è al di sotto di quella europea, e questi provengono principalmente da famiglie che hanno già i genitori laureati, quindi che si ritrovano di per sé in una condizione di agiatezza − continua Lopes − tanto il nostro Ateneo, quanto il contesto cittadino in cui è inserito, rendono l’accesso allo studio particolarmente complicato, soprattutto per quelle fasce di ragazzi nella popolazione universitaria che rientrano nella fascia più a basso reddito».

Ciò deriva da diversi fattori, riconducibili a barriere economiche che vanno dagli elevati prezzi degli affitti, al caro vita delle città del nord in generale, anche per piccole cose come fare la spesa o acquistare il materiale didattico. «L’Unibo − termina Lopes − è una delle poche università in cui le tasse non sono state toccate, perché ha preferito agire per borse di studio straordinarie, che però venivano consegnate in ritardo rispetto alle necessità. E anche la soglia di reddito per l’accesso agli alloggi ER-go è molto elevato, bisogna invece ridiscutere il valore abbassandolo in modo da agevolare chi ha delle difficoltà».

Luca Meneghini

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