Basta vedere una sua foto del periodo d’oro e raffrontarla con una relativa agli ultimi anni della sua esistenza: nella prima vedrete un omone corpulento e massiccio, nella seconda un ometto ossuto e mingherlino. Certo non s’è fatto mancare nulla (o quasi), Sir Malcolm Arnold (1921-2006), tra alcolismo, droga, promiscuità sessuale, un paio di matrimoni falliti (da cui 3 figli, dei quali uno disabile), un tentato suicidio, malattia mentale (schizofrenia e depressione maniacale), povertà, miseria (praticamente un senzatetto), la comparsa d’una sorta di tutore che gli garantirà da un lato di condurre un’esistenza decorosa nell’ultima fase della sua vita, ma anche gli procurerà liti ed incomprensioni con i suoi famigliari (ed una lunga, logorante battaglia legale fra questi ultimi ed il suo “tutore”, con accuse vicendevoli, riguardo il suo lascito testamentario, avvenuta a partire dal decesso del musicista), una porzione del suo lascito ancora sotto sequestro da parte del Ministero della Giustizia britannico in quanto relativo al periodo in cui veniva ricoverato in case di cura ed ospedali psichiatrici (alla quale non è mai stato consentito d’accedervi e di cui si deve ancora decidere la sorte, ovvero se debba essere distrutta, oppure no); in rete si trova ancora del materiale relativo a tutto ciò.

La sua sinfonia n.9, op. 128, ultima della serie e terminata il 5 settembre 1986, ma concepita a partire dal ’79 con l’idea iniziale di presentarla per l’anno europeo della musica (’85) e ritardata dalle vicissitudini neurologiche del musicista, sigla la sua uscita dal tunnel dei ricoveri ospedalieri e della precarietà esistenziale. Si deve soprattutto all’insistenza del direttore d’orchestra Sir Charles Groves, grande estimatore ed amico di vecchia data d’Arnold, ed è dedicata da quest’ultimo al suo “tutore”, Anthony John Day, ovvero colui che l’ospitò dall’84 al 2006. Una prima esecuzione in forma privata avvenne all’inizio dell’88, a Greenwich, con l’Orchestra of the National Centre for Orchestral Studies, diretta da Groves e sempre lui ne dirigerà la prima pubblica il 20 gennaio ’92 a Manchester, allo Studio 7 della BBC, con la BBC Philarmonic ed in presenza del compositore, ancora piuttosto provato in quell’occasione.

Strutturata in 4 movimenti, utilizza il seguente organico: 2 flauti, ottavino, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, tuba, timpani, 2 percussionisti, arpa ed archi. Lavoro dal carattere cupo, stranito, inquieto ed enigmatico, con un’orchestrazione sovente scarna, dinamicamente spinto fino a pianissimo alle soglie minime d’udibilità e non oltrepassante la soglia del mezzo-forte, salvo rari sconfinamenti al forte, ed ancor più rari al fortissimo, ha un movimento finale che è un adagio d’ampiezza mahleriana (e che prende a modello quello della 9° sinfonia del compositore boemo) e che dura all’incirca quanto i 3 precedenti movimenti messi insieme, ma meno frenetico rispetto all’illustre modello nel suo dipanarsi, piuttosto dal carattere particolarmente introverso, sofferto, funereo, disperato, nichilista, clima lievemente attenuato dal sorprendente, radioso accordo finale.

Questa musica struggente, trasmessa nella puntata in onda giovedì 31 marzo, viene proposta nell’incisione effettuata dall’11 al 12 settembre ’95, alla National Concert Hall di Dublino, dalla National Symphony Orchestra of Ireland diretta da Andrew Penny, uscita in disco l’anno dopo per la Naxos Records e facente parte d’un ciclo integrale realizzato in presenza del compositore stesso. – / / – “Un tocco di classico” va in onda ogni giovedì alle ore 24, su Radio Città Fujiko, in streaming ed in fm 103.1 mhz.

—- Gabriele Evangelista —-