Scanzonata, irriverente, iconoclasta, originalissima o greve, ruffiana, incline all’effettismo, di cattivo gusto, persino offensiva? Pur essendo forse il lavoro più noto a livello mondiale del moscovita Rodion Konstantinovich Shchedrin (1932 – altro insigne musicista, oltre a John Williams, del quale si celebra il 90° compleanno), la “Carmen suite” per archi e percussioni, partitura tratta da un balletto liberamente basato sulla musica dell’omonima opera di Georges Bizet, gli ha creato iniziali problemi con la censura sovietica, avendo un’accoglienza controversa anche in occidente, nonostante il suo innegabile successo.

Su richiesta della moglie, la ballerina Maya Plisetskaya (sposata nel ’58 e defunta nel 2015), che desiderava interpretare un balletto incentrato sulla figura femminile di Carmen, che aveva interpellato senza esito Shostakovich e Kachaturian, alla fine, accogliendo il suggerimento d’entrambi di rivolgersi al consorte, Schedrin, dopo aver scartato l’idea di creare una musica totalmente originale ritenendo impossibile scindere la vicenda dalle musiche di Bizet, creò un lavoro che costituisce un radicale ripensamento dell’opera del francese, pur mantenendo il proprio stile ecletticamente personale, optando singolarmente per un organico strumentale costituito dai soli archi e dalle percussioni. Percussioni che, oltre ad un timpanista sono così suddivise fra 4 esecutori: il primo alla marimba, vibrafono, xilofono, castagnette, 3 campanacci, 4 bonghi, campane tubolari, tamburo, guiro; il secondo al vibrafono, marimba, tamburo, tamburello, 2 woodblock, claves, triangolo, guiro; il terzo ai campanelli, crotali, maracas, frusta, tamburo, cabasa, guiro, 3 temple block, grancassa, tam-tam, tenor drum, triangolo; il quarto ai piatti, grancassa, tam-tam, triangolo, tamburello, 5 tom-tom.

La scelta di questo singolare complesso strumentale da parte dell’autore, si dovette ad un paio di ragioni: la prima, come dichiarato dal musicista in un’intervista al mensile BBC Music Magazine, fu quella “di essere totalmente il più lontano possibile dall’orchestrazione di Bizet”, voleva un complesso strumentale “senza legni ed ottoni… ma che mi desse, al contempo, molteplici possibilità” per varietà timbrica. La seconda era dovuta all’elevato livello tecnico degli archi e dei percussionisti, all’epoca presenti nell’orchestra del Teatro Bolshoi di Mosca, luogo designato per la prima assoluta, che avvenne nel ’67, con, naturalmente, la Plisetskaia come protagonista, le coreografie del cubano Alberto Alonso e le scenografie di Boris Messerer.

Per la verità, nel balletto, suddiviso in 13 sezioni, assai disinvoltamente, Schedrin non attinge soltanto dalla “Carmen”, ma anche da altre composizioni di Bizet, come al n.8, “Bolero”, basato sulla farandola dalle musiche di scena de “L’Arlesienne” ed al n.10, “Torero e Carmen”, ripreso da un brano dalla “Petite suite”. Sia quel che sia, il risultato finale non lascia comunque indifferenti, che lo s’apprezzi oppure no. Per quel che mi riguarda, io senz’altro lo considero un capolavoro assoluto.

Questo balletto, oggetto della trasmissione del 12 maggio, viene proposto nella registrazione effettuata dal 28 al 30 aprile ’94, allo Studio della Radiodiffusione Statale Ucraina di Kiev, dall’Orchestra Sinfonica di Stato Ucraina, diretta da Theodore Kuchar, uscita in disco nello stesso anno per la Naxos Records. Faccio notare per l’occasione, compositore russo, orchestra ucraina, direttore americano, casa discografica di Hong Kong e chi ha orecchie per intendere, intenda!

“Un tocco di classico” va in onda ogni giovedì alle ore 24, in streaming ed in fm 103.1 mhz.

—- Gabriele Evangelista —-