Almeno 3 stesure ufficiali (oltre a revisioni intermedie) nell’arco d’un ventennio abbondante, occorsero a Ralph Vaughan Williams (1872-1958) per dare l’assetto definitivo e secondo lui più soddisfacente, alla sua “A London Symphony” (sinfonia n.2). Tra parentesi, questa composizione non è certo la prima e nemmeno l’ultima delle musiche intitolate a questa città. La precedono, almeno nell’ambito della classica, la sinfonia n.104 in re magg. “Londra” di Franz Joseph Haydn, del 1795 e l’ouverture “Cockaigne (In London Town)” di Sir Edward Elgar, composta fra il 1900 ed il 1901.
Ma torniamo alla sinfonia in questione, al suo iter lungo e tormentato: 3 versioni principali inframmezzate da ritocchi più o meno rilevanti, la prima composta fra il ’12 ed il ’13, la cui partitura originale andò persa a causa delle vicissitudini della grande guerra, successivamente ricostruita grazie alla sopravvivenza delle singole parti orchestrali, la seconda del ’20 (che fu la prima ad essere pubblicata ed incisa su disco) e la terza, iniziata nel ’33 e terminata nel ’36, anno della sua pubblicazione, quella che è entrata stabilmente nel repertorio e col maggior numero d’edizioni discografiche.
A vivacizzare ulteriormente la situazione, l’incisione del 2000 diretta da Richard Hickox uscita l’anno dopo per la Chandos, fatta col beneplacito della seconda moglie e vedova del compositore, Ursula, che riesuma la prima versione del ’13, in seguito alla quale la vedova medesima consentirà ad Hickox di dirigerla un paio di volte in pubblico: nel novembre 2003 alla Barbican Hall, con la London Symphony Orchestra ed il 19 luglio 2005 alla Royal Albert Hall, con la BBC National Orchestra of Wales, nell’ambito dei BBC Proms (il video è su You Tube).
Seguiranno un paio di nuove incisioni della revisione del ’20, ovvero quella diretta da Martin Yates per la Dutton Epoch del 2015, per finire con l’altra diretta da Martyn Brabbins a capo della BBC Symphony Orchestra, registrata per la Hyperion alla Henry Wood Hall nel novembre 2016. Morale della favola, quale delle 3 preferire? Per quel che mi riguarda, sinceramente, nessuna in particolare, tutte meritano d’essere conosciute, per questo o quell’aspetto può essere preferita l’una o l’altra, ma alla fine mi sembra più una questione di lana caprina, per questo ho deciso di proporle tutte, una per settimana. Dilungarmi troppo sulla questione sarebbe noioso ed esula dai limiti di questa sede. All’ascoltatore, il giudizio finale!
E’ comunque un’occasione per capire quanto possa essere tortuoso il percorso mentale del compositore, prima di mettere la parola fine, alla realizzazione compiuta d’un suo lavoro. Qui mi preme sottolineare che, tutti i ripensamenti e le revisioni a cui l’autore sottopose questo lavoro, non furono dovuti ad insuccessi (tutt’altro, visto che l’accoglienza riservata alla sinfonia da parte del pubblico fu calorosa fin dall’esordio), nè a condizionamenti esterni, ma unicamente ad esigenze interiori del compositore che si possono discutere all’infinito, ma restano pienamente legittime e rispettabili. Certo che, fra la prima e l’ultima stesura, c’è una differenza di almeno un quarto d’ora abbondante complessivo di minutaggio in meno (differenza che si riduce ad una dozzina con la revisione del ’20), le parti espunte successivamente si rivelano di grande qualità, anche se la maggior concisione della versione finale produce un certo guadagno quanto ad incisività espressiva. Comunque sia, questa musica efficacemente evocativa, costituisce una sorta di ritratto (da non intendersi in senso meramente letterale) estremamente sfaccettato, ricco di luci ed ombre, nel suo alternarsi suggestivo di toni ora misteriosi (mi verrebbe da dire persino nebbiosi, a costo d’essere banale), allegri, leggiadri, meditativi, intimistici, pensosi, malinconici e drammatici, d’una delle capitali del mondo, evitando sapientemente di scadere nell’oleografico o nella cartolina turistica superficiale.
Strutturata in 4 movimenti, la composizione presenta il seguente organico: 3 flauti, ottavino, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, tuba, timpani, grancassa, tamburo, triangolo, tam-tam, campane da slitta, piatti, campanelli, arpa ed archi.
Nella puntata in onda giovedì 14 aprile, andrà in onda la versione del 1913, eseguita dalla London Symphony Orchestra diretta da Richard Hickox, incisa il 18 e 19 dicembre 2000, alla All Saints’ Church, in Tooting, a Londra, uscita in disco per la Chandos Records (titolo che si è beccato un paio di premi discografici: il “Gramophone Awards 2001 / Record of the Year” dell’omonima rivista anglosassone, ed il “Diapason d’Or” dell’omonima rivista francese).
In quella di giovedì 21, andrà in onda la versione del 1920, nell’incisione effettuata il 12 e 13 gennaio 2015, alla Henry Wood Hall dell’RSNO Centre di Glasgow, dalla Royal Scottish National Orchestra, diretta da Martin Yates, uscita in disco per la Dutton Epoch.
Per finire, in quella di giovedì 28, andrà in onda la versione finale, nella registrazione effettuata per la Telarc, il 15 e 16 settembre 1986, alla Fairfield Hall di Croydon, dalla Royal Philarmonic Orchestra, diretta da Andre Previn.
“Un tocco di classico” va in onda ogni giovedì alle ore 24, su Radio Città Fujiko, in streaming ed in fm 103.1 mhz.
—- Gabriele Evangelista —-