Quelle che i lavoratori e le lavoratrici di Amazon negli Stati Uniti stanno vivendo sono ore importanti. È proprio in questi momenti, infatti, che a Staten Island (New York) cercheranno di replicare la vittoria storica ottenuta un mese fa, quando per la prima volta in un magazzino statunitense un sindacato è riuscito ad avere il riconoscimento formale nella multinazionale di Jeff Bezos.
Ed è proprio della storica vittoria di Amazon Labor Union che parliamo in Fujiko Focus On, uno dei momenti di approfondimento della settimana speciale “Dalla Liberazione al Lavoro“.

La vittoria di un piccolo sindacato contro un colosso: Amazon Labor Union

Jfk8. È questa la sigla del magazzino Amazon di New York che lo scorso 1 aprile ha registrato una vittoria storica di lavoratrici e lavoratori. Per la prima volta, infatti, un referendum tra le lavoratrici e i lavoratori stessi ha fatto sì che il sindacato Amazon Labor Union (ALU) venisse riconosciuto dal National Labor Relations Board.
Un risultato ancora più incredibile se si pensa che ALU è nato appena un anno fa, il 20 aprile del 2021, ed è un sindacato autorganizzato, fuori dai circuiti sindacali mainstream.

A raccontare ai nostri microfoni questa vittoria è Giacomo Marchetti, giornalista di Contropiano e di Jacobin Italia, che ha seguito la vicenda.
«È il risultato di un processo organizzativo di un sindacato indipendente – racconta Marchetti – In realtà c’era stato un precedente molto importante con la denuncia di un lavoratore all’inizio della pandemia rispetto alle condizioni di lavoro in quello che è uno dei quattro magazzini di Amazon A Staten Island che serve tutto lo stato di New York».
I lavoratori protestarono perché l’azienda non prendeva sul serio il rischio epidemico, non fornendo ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale e non mantentendo il distanziamento.

Il lavoratore fu poi licenziato, ma ciò che Bezos e la dirigenza di Amazon non avevano messo in conto è che dall’inizio della pandemia negli Stati Uniti sta sorgendo un nuovo movimento operaio.
«La vittoria nello stabilimento di Amazon arriva dopo la vittoria a Starbucks – sottolinea il giornalista – E dopo la vittoria a Staten Island ALU è stato contattato da circa una cinquantina di stabilimenti, senza considerare i contatti a livello internazionale».

Centrale per questa vittoria, dunque, è stata l’autorganizzazione. Negli Stati Uniti la rappresentanza sindacale è vincolata a norme precise. Per arrivare al referendum che poi è stato vinto, ALU ha dovuto raccogliere almeno il 30% delle firme dei lavoratori del sito produttivo affinché potesse svolgersi il referendum stesso. E una volta aperte le votazioni, il sindacato deve ottenere più del 50% dei consensi per poter essere riconosciuto ufficialmente nelle relazioni industriali.
«Una prima raccolta di firme non andò a buon fine – ricostruisce Marchetti – mentre la seconda sì».

Tutto ciò è avvenuto in un contesto in cui la dirigenza della multinazionale attua pratiche antisindacali, alcune delle quali sono state anche riconosciute dall’ente statale che regola i rapporti di lavoro. «Questa vittoria è stata ottenuta grazie alla tenacia di un pugno di lavoratori in condizioni difficilissime per le pressioni che ricevevano – evidenzia Marchetti – e grazie alla creatività operaia. Molto importanti sono state le cene comunitarie, che si svolgevano al di fuori dello stabilimento, per permettere ai lavoratori ridotti ad essere degli automi a concepirsi come persone che fanno lo stesso lavoro».
In più, ALU è un sindacato sganciato dalle logiche dell’American Federation of Labor, e più simile ai sindacati conflittuali che conosciamo anche in Italia.

Una volta dentro, Amazon Labor Union potrebbe dare altri dispiaceri a Bezos, come quello di arrivare ad un contratto collettivo che potrebbe ottenere un aumento delle paghe, gli straordinari non obbligatori e una serie di rivendicazioni che riguardano le condizioni di lavoro.
Attualmente tutti i report che raccontano le condizioni di lavoro all’interno dei magazzini Amazon evidenziano condizioni disumane, fatte di turni di 12 ore di lavoro e tempi strettissimi per effettuare le operazioni. «Il turnover della forza lavoro è pari al 150% in un anno», sottolinea Marchetti.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIACOMO MARCHETTI: