Dal 15 febbraio non si sparerà più nell’Est dell’Ucraina. Almeno questo è quanto contenuto nell’accordo di pace firmato dal quartetto dei presidenti dopo 15 ore di dibattiti a Minsk. Via anche tutte le truppe straniere e ritiro di tutte le armi pesanti, compresa la liberazione dei prigioneri. Ma non ci sono grandi speranze.
Dopo più di quindici ore a Minsk si è trovato un accordo per un cessate il fuoco nel cuore dell’Europa. Al tavolo delle trattative i quattro leader di Germania, Russia, Francia e Ucraina, firmatari di un compromesso che arresterà il bagno di sangue nell’est dell’Ucraina. Almeno per il momento, e a partire dalla mezzanotte del 15 febbraio. Anche se molte questioni, come fa notare Pietro Rizzi dell’East Journal, sono rimaste in sospeso. In primis: come gestire la sovranità territoriale dell’Ucraina e, soprattutto, degli stati speciali delle due repubbliche separatiste, di Donetsk e Luhansk, che si sono autoproclamate.
Da una parte la Merkel non si fa grandi illusioni, Hollande invece ammette che ci sia ancora molto da fare, mentre Putin parla di una speranza concreta per fermare il bagno di sangue e lanciare un vero processo di pace. Dall’altra parte il presidente ucraino Petro Poroshenko ha sottolineato invec il suo mancato consenso alla richiesta di concedere uno statuto autonomo alle regioni dell’est del paese, rivendicate filorussi. Ed è proprio su questo fronte che le speranze, invece dei separatisti, sono venute meno.
In genere durante i conflitti si cerca sempre di conquistarsi più territorio possibile in vista di un accordo di pace che, nella maggior parte dei casi, si limita a fotografare la situazione esistente. “In effetti – spiega Rizzi – i combattitmenti da parte dei filorussi si sono inaspriti negli ultimi giorni proprio per sperare di guadagnare più territorio in vista del vertice di Minsk che, però, a quanto pare farà riferimento alla situazione di settembre”. Alias tutto il territorio conquistato dai separatisti a partire da settembre non farà testo, per la gioa, si fa per dire, di quest’ultimi. “Ci sarebbero dunque – conclude Rizzi – dei confini teorici, trattati nell’accordo, più favorevoli per l’Ucraina”
Nell’accordo si stabilisce l’immediato ritiro di tutte le truppe straniere e la liberazione di tutti i prigionieri ento 19 giorni. Oltre al ritiro di tutte le armi pesanti, di cui dovrà occuparsi l’Ocse che, assieme al quartetto dei presidenti, ha partecipato alle trattative per l’accordo di pace. Un compromesso che però non è tanto diverso da quello di settembre e che, come spiega Rizzi, ha poche speranze di durata.
Francesca Candioli