La notizia degli ultimi giorni è la concessione all’installazione di nuove trivelle per l’estrazione degli idrocarburi sul territorio emiliano-romagnolo, in contemporanea con la difficoltà del progetto eolico nel ravennate e nel riminese.
Come se non bastasse, la beffa è che, dietro alle autorizzazioni, c’è il Ministero della Transizione Ecologica, in controtendenza quindi agli obiettivi e alle finalità per cui lo stesso era stato creato, tanto da risultare il punto vitale da cui doveva dipendere la nascita dell’esperienza Draghi.

Più trivelle, meno pale: la protesta di Legambiente

Sul suolo regionale sono state date concessioni per nove pozzi, di cui due in mare, nella parte di Adriatico tra Ravenna e Rovigo, e sette sulla terra, la maggior parte nel modenese, e uno nel bolognese, a Budrio. Sulla questione è intervenuta Legambiente Emilia-Romagna, che recrimina il ruolo del governo e, su tutti, proprio del MiTE nella messa in produzione e la perforazione di nuove aree adibite al fossile.

L’associazione ambientalista evidenzia l’ipocrisia di tale intervento, alla luce delle difficoltà della realizzazione degli impianti a energia rinnovabili, sia sul territorio che sul mare, con ventole offshore e fotovoltaici galleggianti al largo delle coste romagnole, che però non godono della stessa attenzione riservata invece alle estrazioni di idrocarburi. Inoltre il Decreto Legge semplificazioni conteneva al suo interno tutta una serie di emendamenti finalizzati a ridurre il progetto di Carbon Capture e Storage di Eni a Ravenna, ulteriore motivo di scontentezza per questa iniziativa governativa.

«Denunciamo ciò che non rappresenta la via maestra per il conseguimento degli obiettivi europei di neutralità climatica – afferma Lorenzo Mancini, del consiglio direttivo di Legambiente Emilia-Romagna – nel mondo della politica bisogna cercare la mediazione, ma la transizione ecologica non può avvenire con il regalo alle industrie del fossile, ma con la semplificazione degli impianti rinnovabili».
Tuttavia, Legambiente mostra tuttora ottimismo per il ruolo che il Ministero condotto da Cingolani potrà avere nel perseguimento degli obiettivi, anche come segnale di discontinuità rispetto al passato, ma resta comunque necessaria la vigilanza da parte del mondo ecologista per impedire che le pressioni del fossile arrivino prima delle battaglie per il clima.

La Regione, dal canto suo, può fare ben poco, essendo una materia, quella relativa all’energia, di competenza esclusiva del Ministero. Ma Legambiente chiede comunque una presa di posizione politica in dissenso alla decisione governativa, anche per continuare a seguire quel percorso di salvaguardia dell’ambiente – da cui era nato anche il Patto per il Lavoro e il Clima – e non lasciare che tutta la storia sull’argomento ricada all’interno di un mero green-washing delle istituzioni.

Luca Meneghini

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