Oltre 70 appuntamenti in 9 giorni, 22 anteprime nazionali, 14 spettacoli, 25 film e documentari, 10 incontri con gli autori, 4 party, due esposizioni, progetti speciali per l’infanzia, laboratori per adolescenti: sono solo alcuni degli eventi cui si potrà assistere dal 31 ottobre all’8 novembre a Gender Bender, il festival che, da ben 13 edizioni, si situa al crocevia tra “gender” e arte contemporanea.
Era il 2002 quando, precorrendo i tempi rispetto ad un panorama culturale che era ben lungi dall’affrontare i temi dell’identità di genere, del corpo e dell’orientamento sessuale, nasceva Gender Bender. Partita come iniziativa di nicchia, dagli accenti quasi provocatori, ha invece contribuito in maniera sostanziale a portare il dibattito a piena maturazione.
Quest’edizione, la 13^, si segnala quindi come il risultato di un fecondo processo di evoluzione, come sottolinea anche Massimo Mezzetti, assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna: “La proposta culturale del Gender Bender fu ai tempi assolutamente pionieristica ed oggi si situa in un momento di transizione, in cui il tema del gender si avvia allo sdoganamento definitivo. È per questo che vogliamo contrastare quella minoranza ‘regressiva’ che ancora mina il rispetto delle differenze.”
D’altra parte Gender Bender è prodotto dal Cassero, il centro Lgbt che da oltre trent’anni opera sul territorio bolognese per contrastare gli sterotipi e le discriminazioni. Anche il festival si configura quindi come un mezzo per incentivare l’autodeterminazione, attraverso un programma al tempo stesso elegante e di rottura dei paradigmi.
“Gender Bender è soprattutto una rete di soggetti diversissimi impegnati in un’intuizione collettiva – spiega Vincenzo Branà, presidente del Cassero – Ne è esempio Chiara Frigo, che con le sue performances connette adolescenti e adulti; o ancora, la mostra Archivi Migranti, grande istallazione che raccoglie le esperienze dei centri Lgbt d’oltreoceano”.
Su questa pluralità di visioni insiste anche Daniele Del Pozzo, direttore artistico ed ideatore del festival. “Il programma di quest’anno è particolarmente scoppiettante e curioso, proprio perché vuole volgere lo sguardo ancora più oltre: le opere che vedrete provengono dai Paesi più disparati, dalla Spagna alla Slovenia, dall’Argentina alla Danimarca e agli Stati Uniti, per citarne alcuni. Ci sarà persino un artista cinese a riflettere sull’incontro tra Oriente e l’Occidente”.
Un progetto complesso, dunque, nella misura in cui vuole parlare ad ogni tipo di pubblico. “Le location di quest’anno, tra Arena del Sole, Lumière, MAMbo, Tpo, Palazzo Marescotti e altri, sono ben diciassette. L’impressione potrebbe essere quella di una miscellanea, eppure alla base c’è un filo rosso fortissimo – precisa Del Pozzo – Abbiamo insistito molto anche sulla componente biografica, come dimostra il film The Law dedicato a Simone Weil o il documentario su Fassbinder”.
Tra i molti linguaggi parlati da Gender Bender, infatti, c’è anche quello cinematografico: si segnala in tal senso, tra le tante pellicole, la presentazione di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, nella versione restaurata dalla Cineteca.
“La nostra vocazione è quella di coniugare il lontano con il vicino: Bologna rimane, infatti, una realtà fondamentale, e non abbiamo negato l’apporto a quella corrente pasoliniana che sarà uno dei motivi conduttori di quest’anno”, aggiunge ancora il direttore artistico.
L’iniziativa si apre con due importanti riconoscimenti: l’ingresso nel circuito dei festival internazionali di qualità selezionati dall’Unione Europea (EFFE) e il rinnovato appoggio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, che si affianca a quello della Regione, del Comune e di altri sponsor e ambasciate. Una vera cartina tornasole, dunque, di reattività e inclusione sociale, un laboratorio che non smette mai di interrogarsi e interrogarci sul dialogo tra le differenze.
Mariachiara Lobefaro