Ha ormai raggiunto i 40mila morti il bilancio, ancora provvisorio, del devastante terremoto che ha colpito Turchia e Siria una settimana fa. Ma il ritrovamento di persone ancora in vita, anche a distanza di molti giorni dalle scosse, accende i riflettori sulla solerzia stessa dei soccorsi.
Quest’ultima, secondo il giornalista di origini turche Murat Cinar, è solo una delle responsabilità del governo, che nonostante l’immane tragedia non ha perso un attimo per cercare di zittire il dissenso e, in vent’anni, ha chiuso gli occhi attraverso condoni sugli abusi edilizi.

Terremoto in Turchia, il governo tra condoni, incapacità nei soccorsi e censura

«Più che domandare come il governo turco stia gestendo l’emergenza dopo il terremoto, sarebbe giusto domandarsi perché non sia in grado di affrontare la situazione», commenta amaramente Cinar ai nostri microfoni.
Il giornalista individua due filoni di responsabilità del governo e della maggioranza che sostiene il presidente Recep Tayyip Erdoğan: uno tecnico e uno politico.
«Negli ultimi vent’anni i condoni che sono stati fatti sul territorio, utilizzati come mezzo di propaganda hanno generato questa situazione – sostiene il giornalista – Siamo di fronte a un governo che ha chiuso un occhio di fronte alle costruzioni precarie realizzate in questi ultimi anni e ha approfittato della crescita economica non sostenibile generata dalla cementificazione».

Oltre a ciò, lo Stato è pressoché assente nei territori colpiti dal terremoto. «È privo di mezzi necessari, come generatori, scavatori, tende, cucine e ospedali mobili – sottolinea Cinar – Quelli dello Stato sono interventi poveri e in alcune zone non è ancora arrivato».
Ma è l’atteggiamento politico, secondo il giornalista, a peggiorare la situazione con quelli che definisce «un’arroganza dominante, la tendenza a ignorare i problemi, rispondere male ai cittadini e ai professionisti». E per giunta i tentativi di censura e intimidazione nei confronti dei giornalisti o dei cittadini che osano criticare la gestione governativa, con querele e sanzioni che arrivano fino al fermo o all’arresto.

Lo stato di emergenza e le elezioni del 14 maggio

In sostanza, l’atteggiamento del governo turco nei confronti del terremoto sembra volto a limitare i danni del consenso elettorale più che quelli del sisma. Una condotta cinica motivata dalle imminenti elezioni del 14 maggio prossimo, che al momento non sono ancora state posticipate.
Ma è la dichiarazione dello stato di emergenza a causa del terremoto che, secondo il giornalista, potrebbe essere usato da Erdoğan come arma per arrivare all’appuntamento con le urne. «Probabilmente verrà tolta la possibilità per l’opposizione di fare comizi o manifestazioni nelle zone terremotate», pronostica il giornalista.

Al momento la durata dello stato di emergenza è fissata a 3 mesi, ma Cinar ricorda come in passato questo strumento sia stato utilizzato per dare vita ad uno stato di eccezione. «Negli anni ’80-’90 è durato per 15-20 anni – sottolinea il giornalista – Poi per due anni tra il 2016 e il 2018. Lo stato di emergenza vuol dire censura, militarizzazione del territorio, divieti assoluti a tempo indeterminato per le manifestazioni e addirittura anche per i festival culturali».
In altre parole, è attraverso lo stato di emergenza che il governo turco potrebbe gestire a proprio vantaggio elettorale una situazione disastrosa come quella creata dal terremoto.

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