Continua la protesta di studenti e studentesse contro il caro affitti a Bologna. Nel capoluogo emiliano ormai si tratta di un tema ricorrente, eppure negli ultimi mesi l’emergenza abitativa è esplosa in molte altre città italiane. Per questo a Milano, Roma ma anche Bologna diversi studenti e studentesse, spesso organizzati in collettivi, hanno appostato la loro tenda davanti all’Università, un po’ per protestare, un po’ per trovare un luogo dove dormire.
Caro affitti, le ragioni di studenti e studentesse nelle tende di Bologna
È questa la situazione in via Zamboni, dove i ragazzi e le ragazze del collettivo C.U.A hanno occupato l’edificio n. 38, sede di Lettere e Filosofia, con le loro tende e tappetini. Poco più avanti, davanti al Rettorato, è invece il collettivo Cambiare Rotta a protestare sempre attraverso la stessa modalità.
A raccontare la loro esperienza oggi, davanti al graffito del 38 in via Zamboni, sono stati alcune ragazze e ragazzi del collettivo C.U.A, come per esempio Giulia, che vive in casa con altre sette persone in una doppia. Da quando è a Bologna racconta di aver cambiato cinque lavori, di ogni genere, dalla baby-sitter alla cameriera. «Oggi – ci spiega Giulia – abbiamo pernottato nella facoltà di lettere di Via Zamboni e lo abbiamo fatto per mantenere viva la scia di lotte che reclama a gran voce il diritto all’abitare in città». A differenza di altre occupazioni, però, in questo caso non si è scelto un edificio abbandonato o in stato di degrado, ma l’Università stessa, all’interno delle sue aule.
«Noi non vogliamo solo una tenda dove vivere, noi vogliamo delle case e le vogliamo belle. Non vogliamo dover spendere 800 euro per una stanza di 14 metri mq, come avviene in alcuni studentati privati sempre più presenti in città», ha continuato Giulia. Comunque, l’occupazione in Via Zamboni già oggi verrà sgomberata dagli stessi ragazzi che l’hanno organizzata perché, grazie a un confronto corale, sono state previste diverse tappe per portare avanti questa protesta. Il 17 maggio, per esempio, «si organizzerà una grande tendata di massa vicino a via San Giacomo 11, accanto a Split, uno spazio occupato e recentemente sequestrato a seguito di un’operazione repressiva a febbraio», racconta un’altra studentessa dell’Università di Bologna.
Ma le polemiche nei confronti degli accampamenti in tenda davanti all’Università non sono mancati da parte di esponenti della politica. Basti pensare al tweet pubblicato da Francesco Giubilei, consigliere di Sangiuliano, che recita così: «se invece di passare le loro giornate a fare il campeggio in tenda fuori l’Università, certi pseudo studenti passassero il tempo a studiare, potrebbero costruirsi un futuro migliore come fanno migliaia di giovani (tanti pendolari) che con sacrificio frequentano l’Università» Insomma, secondo Giubilei, i ragazzi e le ragazze dovrebbero sacrificarsi di più e soprattutto rinunciare all’idea di vivere nella città in cui hanno scelto di studiare.
Eppure, Bianca, una studentessa di 20 anni, iscritta al primo anno di Cooperazione e Sviluppo all’Università di Bologna, ci racconta la difficoltà di vivere come pendolare. «Per la maggior parte dell’anno mi sono trovata a fare la pendolare da Firenze. Tutti i giorni impiegavo quattro ore per arrivare a lezione compresi i giorni in cui cominciavo alle 9 e finivano alle 19», ci ha raccontato Bianca. Giornate infinite, spesso con lunghe pause senza sapere dove andare. «Per i ragazzi e le ragazze come me non ci sono né strutture per passare la notte, né altre dove passare il giorno e il tempo libero. La vita da pendolare è estremamente faticosa. Si rinuncia a moltissimo tempo libero e anche la carriera universitaria ne risente». Il tempo passato sui mezzi, infatti, ne toglie molto da dedicare allo studio, ma anche alla vita sociale. «Siamo ragazzi di 20 anni. Vogliamo avere una vita e divertirci», continua Bianca. Adesso vive in una stanza in subaffitto, che non l’aiuta a stare serena. «Vivo con l’idea che la ragazza che sub affitta la stanza possa decidere di ri iscriversi all’Università e tornare. Io ovviamente dovrei lasciarle il posto».
ASCOLTA QUI LA STORIA DI BIANCA:
A lamentarsi di questa situazione è anche Manef, un ragazzo di origine tunisine iscritto sempre all’Università di Bologna. Manef è uno studente internazionale, e neanche a lui le cose sembrano andare meglio. Si è trasferito a Bologna a ottobre, ma solo a febbraio è riuscito a trovare una casa, anche lui in sub affitto. Anche in questo caso si tratta, dunque, di una situazione estremamente precaria, senza garanzie e tutele. Manef, come Bianca, è riuscito a rimanere a Bologna e non rinunciare a studiare in questa città, solo grazie all’aiuto di amici e collettivi. Racconta, infatti, di aver dormito in via Oberdan – lo spazio occupato in autunno dal C.U.A – per molto tempo; poi di essersi spostato da amici, e anche in altre occupazioni. Eppure, qualche mese fa, alla cerimonia d’apertura dell’anno accademico, Il Rettore Giovanni Molari, si era definito entusiasta dell’aumento di studenti e studentesse internazionali iscritti all’Università. Peccato che non sembrano esserci comunque abbastanza aiuti da parte dell’Istituzione.
ASCOLTA L’INTERVISTA A GIULIA:
Sofia Centioni
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