La linea Torino-Lione? L’ennesimo progetto-zavorra per un’economia italiana già fortemente malmessa. Così la pensa il noto climatologo della trasmissione Rai3 “Che tempo che fa” Luca Mercalli, all’indomani del violento blitz delle forze dell’ordine che ha portato allo sgombero del presidio a Chiomonte e al teatrale inizio dei lavori in Val di Susa.
Mercalli, da sempre convinto sostenitore del movimento NoTav, ritiene necessario smontare una volta per tutte alcuni clichè sedimentati a fondo nell’immaginario comune, frutto di una propaganda politica bipartisan tesa a dare prestigio e legittimità al progetto.
Senza Tav rimarremmo tagliati fuori dall’Europa? Esistono gli aerei, risponde il climatologo, ma se proprio si è amanti del treno una linea ferroviaria che porta in Francia è già attiva, ed è quella che passa sotto il traforo del Frejus. Abbandonando il progetto si perdono i fondi europei? Certamente, nessuno però dice che a fronte di una spesa pubblica prevista intorno ai 17-18 miliardi di euro questi finanziamenti UE rappresentano solo pochi punti percentuale, una quantità quasi irrilevante. A chi sostiene la necessità di un trasporto più veloce di merci e passeggeri, bisogna invece far notare che per ovvie ragioni di sicurezza all’interno di un tunnel di 57 chilometri un treno non potrà mai raggiungere le alte velocità con cui lo vediamo sfrecciare all’aria aperta, altro vantaggio questo che viene ridimensionato da una realtà ben diversa dal sogno di una tecnologia che ci aiuta tutti a viaggiare alla velocità della luce. Insomma tanti sono gli interrogativi e le ambiguità che questo progetto porta con sé. Poichè se si parlasse delle modalità di realizzazione di un’opera che si ritiene strategica, allora si potrebbero mettere da parte pregiudizi di ogni sorta e cercare di portare a termine il progetto nella modo migliore possibile, perlomeno preoccupandosi di limitare in qualche modo l’impatto ecologico che ne conseguirebbe chiedendo una serie di garanzie. Invece siamo ancora a monte di queste considerazioni, ancora fermi alle domande più semplici come: ma l’opera, a chi serve? Perchè la dobbiamo fare e perchè dobbiamo sostenere questi costi? Finchè non si capiscono le motivazioni che spingono alla realizzazione di quest’opera si rimane fermi, in una chiusura istituzionale che non permette spazi di ragionamento e dialogo.
Un’altra classica argomentazione pro-Tav consiste nell’affermare che gli italiani vogliono la linea ad alta velocità, sono solo una minoranza di cavernicoli Val Susani che non la vogliono e si sa che, in democrazia, vince la maggioranza. Questo sistema di esclusione del dissenso, se può ritenersi valido per la scelta di un rappresentante politico, si dimostra estremamente fuorviante quando si tratta di analizzare questioni complesse che investono diversi ambiti specialistici della scienza. In queste questioni anche l’opinione della minoranza può essere preziosa. Se si analizzassero minuziosamente le ragioni di chi dice “No”, attraverso un'”esame razionale basato sui numeri”, salterebbero all’occhio i costi e le prospettive future di sviluppo di questa linea che rischia di rimanere in passivo per una quantità indefinita di anni. Dalla parte di chi studia il clima, conclude Mercalli, non si può fare a meno di notare la bufala che vuole meno inquinante la merce trasportata su quel treno rispetto a quella che viaggia sui tir. Il cantiere che ci si appresta ad avviare è infatti così invasivo e richiede così tanta energia e materie prime di quante ne potrebbe risparmiare in tutta la sua vita futura.