«Se un popolo decide di protestare durante una pandemia è perché il governo è più mortale del virus». Questa è la frase che è apparsa su uno dei cartelli durante le manifestazioni che si sono tenute in Colombia la settimana scorsa e che stanno continuando in questi giorni. Il detonatore delle proteste di strada è stata nuova riforma tributaria del governo Duque, come spiega ai nostri microfoni Camilo Iguarán, cineasta e attivista per i diritti lgbt nel collettivo Cacica a Santa Marta-Colombia.

Colombia: la protesta contro la riforma delle tasse

La riforma del governo, che in seguito alle proteste è stata ritirata, andrebbe a discapito delle classi meno abbienti che da oltre un anno, a causa anche della pessima gestione della pandemia di Covid-19, si trovano in una situazione di povertà assoluta. Questo, unito all’alto tasso di povertà e disoccupazione del Paese sono effetti letali e hanno spinto migliaia di persone a scendere in piazza.

Qui però si sono scontrate con la brutalità della polizia di Stato, in particolare la Esmad (Escuadrón móvil AntiDisturbios), un apparato specifico della polizia colombiana che, stando agli ultimi rapporti dello Human Right Watch, continua a violare i diritti umani. Camilo Iguarán, infatti ci racconta di ben 26 accecamenti da parte della polizia, una pratica brutale che è molto in voga in America Latina se pensiamo anche agli innumerevoli casi cileni di qualche anno fa. Senza contare che in Colombia, dopo questi giorni di proteste si conta un alto tasso di desaparecidos (circa 800) fra cui molti universitari che da sempre lottano per un’educazione pubblica e libera.

La situazione attuale ha radici storiche

La storia della Colombia e in generale dell’America Latina si basa su un tragitto impervio fatto di instabilità politiche interne ed esterne, che da sempre hanno visto anche la presenza infiltrata della Cia negli organi nazionali Sudamericani. Basti pensare all’operazione Condor di cui ancora oggi si sentono gli strascichi in termini di legislazione per la memoria pubblica delle vittime di desaparecidos.
Il caso della Colombia, però, ci racconta di una particolarità ulteriore dovuta all’amplissima corruzione del governo ad esempio con i cartelli dei narcos, che ha portato ad una ulteriore instabilità interna del Paese insieme alla costituzione di vere e proprie forze paramilitari.

Fra i tanti motivi del malcontento comune c’è da annoverare il mancato adempimento dell’acuerdo de paz (2016), l’accordo tra il governo di Juan Manuel Santos e le Farc, le forze armate rivoluzionarie colombiane per terminare il conflitto interno colombiano iniziato negli anni ’60. Ad oggi il governo ha infatti perpetrato pratiche e dinamiche violente, arrivando a maggio 2021 a militarizzare intere città, con la Esmad che si macchia di violenze sessuali e fisiche ai danni della popolazione.

Uno stato di terrore, un tasso di povertà fra i più alti dell’America Latina, i diritti umani calpestati e un’informazione assoggettata alla politica, ha portato oggi il popolo colombiano ad alzare a voce e a scendere in piazza per chiedere un vero cambiamento, ma ciò che ha ricevuto sono stati solo soprusi e uccisione di attivisti come Dilan Cruz, Jhonny Silva uccisi dalla Emad stessa durante le manifestazioni studentesche.

Il messaggio che buona parte dei manifestanti sta cercando di far arrivare all’estero è proprio quello di fare luce sui desaparecidos, sulla politica corrotta e sulla gestione violenta della situazione da parte de governo di Iván Duque che ad oggi ha cercato di aprire dei tavoli di dialogo abbastanza fittizi, dovuti principalmente dalle pressioni di Usa ed Europa vista la continua violazione dei trattati internazionali per i diritti umani.

Le proteste hanno ottenuto un primo risultato, cioè la cancellazione della terza riforma tributaria. Venerdì 7 maggio, il presidente colombiano ha deciso di riunirsi con alcuni dei possibili candidati alle presidenziali dell’anno prossimo, come Sergio Fajardo e Ángela María Robledo che hanno deciso di presentarsi al tavolo con indosso magliette con sopra i nomi delle 27 vittime delle manifestazioni. Tuttavia, Duque non si è ancora confrontato con i manifestanti che, al contrario, hanno dichiarato di aspettare il presidente a Cali. Quello che succederà in Colombia nei prossimi giorni sarà decisivo, anche se i media occidentali non sembrano particolarmente interessati. La richiesta che proviene dalle piazze colombiane è proprio quella di fare da eco in Europa alle proteste, perché è l’unico strumento che i manifestanti hanno per farsi ascoltare dal governo.

Chiara Guerrieri

ASCOLTA L’INTERVISTA A CAMILO IGUARAN: