Esiste una direttiva, firmata da Renzi nel 2014, che riguarda la desecretazione dei documenti sulle stragi. Lo scopo è quello di rendere disponibili tutti gli atti relativi al periodo che va dal 1969 al 1984, ricordato per gli eventi di terrorismo che hanno caratterizzato quegli anni. Le stragi di cui parla la direttiva sono nello specifico quella di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell’Italicus (1974), di Ustica (1980) e della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). Ebbene, nel tempo non sono state poche le polemiche, e sembra proprio che non sia arrivato il giorno per voltare pagina.

I famigliari delle vittime delle stragi in allarme sulla desecretazione

Questa voltà, però, le critiche non riguardano solo il ritardo da parte di diverse istituzioni nel rendere pubblici questi documenti, ma sembrerebbe esserci qualcosa di più. Ad alzare la voce sono state le associazioni delle vittime del terrorismo e delle stragi che, nel corso di questi mesi, da quando il Governo Meloni si è insediato, hanno più volte sollecitato la ripresa delle attività di desecretazione. Eppure «non abbiamo ricevuto nessuna risposta» ha affermato Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

Ad allarmare Bolognesi, ma anche Daria Bonfietti, presidente dell’associazione familiari vittime della strage di Ustica, è l’inserimento di nuovi soggetti, tre nello specifico, all’interno del Comitato consultivo che si occupa di verificare la mole di documentati desecretati.
Fino ad ora, ha spiegato Bolognesi «il Comitato era composto da esponeti delle quattro associazioni (Ustica, Bologna, Brescia e Piazza Fontana), dell’archivio Flamini (che riunisce tutti i vari archivi d’Italia) e da un’equipe di esperti» e l’inserimento di nuovi componenti era sempre stato subordinato ad un colloquio con tutti i membri.

Nello speicifico, a destare sospetti, è l’inserimento nel comitato di esponenti dell’associazione “Verità sul disastro aereo di Ustica”, che «non fa gli interessi di chi vuole la verità su Ustica ma fa altri interessi», sottolineano i famigliari delle vittime. L’associazione, infatti, sostiene la tesi secondo cui a determinare la strage di Ustica sarebbe stata la presenza di una bomba a bordo, avallando, dunque, la pista palestinese sia per quanto riguarda la strage di Bologna che di Ustica. Una pista totalmente falsa, ricorda Bolognesi, e a confermarlo sono gli stessi documenti desecretati. In merito nel 2015 si era già espresso il Tribuanle di Bologna, con l’ordinanza del 9 febbraio 2015, dichiarando la pista inconsistente.

Il rischio, insomma, sarebbe quello di «andare verso un nuovo racconto, mettendo in discussione le due sentenze di primo grado su Cavallini e Bellini» con il pericolo di andare incontro a un vero e proprio processo di revisionismo storico.
Bolognesi ha ricordato anche un altro grave aspetto che rende sempe più difficile portare a galla la verità sui fatti delle stragi: la totale mancancanza dell’Archivio del Ministero dei Trasporti per gli anni delle Stragi (1968-1980). Si tratta di documenti ovviamente essenziali per ricostruire gli eventi, dal momento che quasi tutte le stragi si sono verificate prorpio su mezzi di trasporto, dagli aerei ai treni.

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Sofia Centioni