Cosa significa fare cinema ed essere donna? Quanto è difficile emergere, proporre una narrazione che si discosti dalla linea continua dell’industria cinematografica globalizzata, dominata a tutti i livelli da logiche patriarcali? Nasce da queste domande l’ultimo saggio di Carlo Griseri, giornalista e critico cinematografico torinese, che pubblica per Capovolte Edizioni “Ritratte. Storie di donne che hanno scelto il cinema”.

Il ritratto di dieci donne che hanno scelto il cinema

«Non trovavo particolari approfondimenti su film diretti da donne, così è nata la voglia in me di cercare più informazioni, e contestualmente è nata la consapevolezza che mancava nell’editoria di cinema in Italia lo spazio che meritano tante registe che non vengono mai raccontate» inizia così l’intervista con l’autore.
Con Ritratte Carlo Griseri ci conduce in un viaggio attraverso le storie di dieci registe che parlano dal margine e che portano sullo schermo le proprie storie personali e politiche, per dare voce alle realtà da cui provengono, per sovvertire linguaggi e sguardi.

Tra i nomi troviamo Nadine Labaki, arrivata in Italia con il film “Caramel” (2007) e Maïwenn, che quest’anno ha aperto il Festival di Cannes con il suo film “La preferita del re”. Ma anche Shahrbanoo Sadat, Alice Wu, Rama Burshtein, Ekwa Msangi, Pelin Esmer, Mounia Meddour, Antonella Sudasassi e Darya Zhuk, registe forse meno conosciute, che hanno avuto poche occasione di finire nelle sale italiane. «Sono registe giovani, molto attive, che mi sembrava interessante mettere insieme anche per cercare di coprire più aree possibili del mondo, raccontando storie personali diverse tra loro. Ciò che le unisce è il fatto di aver scelto il cinema come strumento per raccontare la loro storia, i loro popoli» conclude Carlo Griseri.

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