La ricerca dell’Università di Bologna, in collaborazione con Sassari e Firenze, apre nuove prospettive per l’applicazione medica delle cellule staminali. In futuro possibile curare anche malattie gravi.
La ricerca nel campo della biologia molecolare corre veloce, stringendo i tempi per possibili applicazioni mediche. Un balzo in avanti alla sperimentazione con staminali adulte lo fanno compiere i risultati del team di ricercatori guidati da Carlo Ventura, prof. di biologia molecolare all’Università di Bologna, in sinergia con il dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Sassari e con l’Istituto Rinaldi Fontani di Firenze. Appena pubblicato su Cell Transplantation, prestigiosa rivista americana di medicina rigenerativa, lo studio apre le prospettive per le molte malattie degenerative al momento incurabili. Le cellule staminali adulte – si sbaraglia così il campo dai dissidi etici sulle embrionali e dai vincoli ancora esistenti nella sperimentazione – sono “riprogrammate” grazie ad una tecnologia innovativa (REAC) fino ad uno stadio simil-embrionale. Sotto gli stimoli di campi radioelettrici a bassissima intensità – le cellule “risalgono nel tempo” per poi differenziarsi nei diversi tipi – cardiache, neuronali, muscolo-scheletriche.
La novità rispetto al passato sta nella tecnologia adottata, ad alto potenziale di differenziazione e senza rischi tumorali. “Le percentuali di differenziamento ottenute con la tecnologia REAC – afferma il prof. Rinaldi, del fiorentino istituto Rinaldi Fontani – sono enormemente superiori a qualsiasi altra tecnica precedente, con produzioni di linee cellulari immediatamente utilizzabili e sicure.” A parlare per la prima volta di riprogrammazione delle cellule adulte era stato il neo –premio Nobel per la medicina Shinya Yamanaka, con l’uso di vettori virali, che però aumentavano significativamente il rischio di deriva oncogena. Con l’uso della tecnologia REAC si supera questo limite estremamente rilevante negli studi precedenti.
Il tipo di sperimentazione portata avanti dal nostro team – spiega la dott. Margherita Maioli di Sassari – è una “riprogrammazione cellulare diretta. Non si riporta la staminale adulta ad uno stadio embrionale, per poi ripartire con il processo di differenziazione, ma si fa prendere a questa cellula una strada diretta, come se si partisse già da una staminale embrionale.” Proprio per questo i fibroblasti utilizzati – componenti fondamentali del tessuto connettivo che costituisce a sua volta gran parte di ogni organo e tessuto – hanno mostrato la stessa efficienza di trasformazione delle staminali embrionali.
“La riprogrammazione dei fibroplasti, cioè il cambiamento del loro destino cellulare, cardiaco, piuttosto che neuronale o muscolo scheletrico , avviato attraverso questa tecnologia di modulazione genica – afferma fiducioso il prof. Carlo Ventura – potrebbe consentire un meccanismo di riparazione e rigenerazione per organi e tessuti danneggiati dalle più svariate patologie.”
Angelica Erta