La discriminazione di cui è stata vittima Aurora Leone di The Jackal alla Partita del Cuore riaccende i riflettori su un tema irrisolto. Le discriminazioni di genere nello sport continuano ad essere una realtà, non solo nella mente di molti uomini che sentono minacciato il proprio “regno” dalle donne o dalle soggettività lgbt, ma anche a livello istituzionale.Non è infatti ancora stata risolta l’annosa questione dell’inclusione delle sportive nella categoria dei professionisti, discriminazione che, oltre a portare minori compensi per le atlete, presenta tutta un’altra serie di problemi legati proprio all’assenza di diritti e discriminazioni.

In Italia sembrava un balzo culturale fosse stato fatto nell’estate del 2019, quando la nazionale di calcio femminile ci ha fatto sognare ai mondiali di Francia e, complice la mancata qualificazione della nazionale maschile, ha dimostrato che il calcio femminile non solo esiste, ma è pure bello da guardare e le calciatrici hanno tecnica, capacità e grinta che gli stereotipi non riconoscevano loro.Quell’evento ha avuto un impatto positivo anche a livello sociale. Nel settembre del 2019, infatti, si registrò un boom di iscrizioni nelle scuole di calcio femminili, indizio che finalmente era stato rotto un tabù e che anche bambine e ragazzine potevano coronare il sogno di tirare calci a un pallone.

Discriminazioni di genere nello sport, i progetti di Uisp

L’esclusione brutale di Aurora Leone, però, ci suggerisce che il sessismo nello sport, in particolare nel calcio, è tutt’altro che superato. In quella vicenda non importava che l’attrice fosse stata convocata per la partita e che, come ha dimostrato sui social, giocasse a calcio coi maschi fin dalla tenera età.Il solo fatto di essere donna per qualche dirigente retrivo ha rappresentato una ragione sufficiente non solo per non farla giocare, ma addirittura per non farla sedere al tavolo dei “maschi”. Un’argomentazione che non troviamo più nemmeno alle scuole elementari.

Per combattere le discriminazioni di genere, la Uisp da anni realizza progetti e campagne che hanno lo sport un’attività inclusiva. «Innanzitutto siamo state tra le associazioni che si sono spese per il riconoscimento di tutte le discipline, come il rugby o il pugilato – osserva ai nostri microfoni Manuela Claysset, responsabile delle politiche di genere di Uisp – Ora sono riconosciute anche per le donne, mentre non era così fino a qualche tempo fa».
L’impegno dell’associazione è quotidiano e si basa su sensibilizzazione e formazione a livello di cultura sportiva, ma si traduce anche in alleanze ed azioni concrete.

Oltre al “modello” dei Mondiali Antirazzisti, dove le squadre miste vengono avvantaggiate, sui diversi territori Uisp conduce progetti per favorire le pari opportunità nello sport. In Emilia-Romagna gli esempi non mancano e città come Bologna, Ravenna o Rimini sono piuttosto avanti da questo punto di vista. «Penso al progetto che abbiamo a Rimini, intitolato #FemminilePlurale», sottolinea Claysset. Si tratta proprio di un progetto dedicato a bambini e bambine per promuovere la cultura del rispetto e delle pari opportunità attraverso il gioco e lo sport.

Sempre la Uisp è promotrice della “Carta dei Diritti delle Donne nello Sport” del 1985, che nel 1987 è stata trasformata in una risoluzione dal Parlamento europeo.
Proprio le istituzioni hanno un ruolo centrale nel contrastare il fenomeno delle discriminazioni di genere nello sport. La dirigente Uisp sottolinea che è attesa la riforma dello sport che risolverebbe, ad esempio, il problema del riconoscimento del professionismo delle atlete che, tra le altre cose, potrebbe risolvere la questione della gravidanza per le donne che praticano sport a livello professionistico.

«Noi non possiamo assistere al fatto che ancora oggi si rischia di avere dimissioni in bianco che le atlete devono firmare in caso di gravidanza», sottolinea Claysset, che ricorda la recente vicenda di Lara Lugli, la pallavolista del Volley Pordenone che si è vista rescindere il contratto e non corrispondere lo stipendio perché rimasta incinta.
Quello che è cambiato rispetto al passato, però, è proprio l’attenzione che c’è su questa tematica, segno che i progetti di sensibilizzazione stanno funzionando.
Ulteriori azioni che potrebbero andare nella giusta direzione riguardano, ad esempio, le premiazioni, cioè il riconoscimento delle varie attività in maniera paritaria.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MANUELA CLAYSSET: