Dopo Pfizer, anche AstraZeneca. È sempre più evidente che la questione dei vaccini è legata a doppio filo con le dinamiche del mercato. E le multinazionali del farmaco approcciano il tema come se si trattasse di una merce qualunque, sospendendo le forniture a chi ha pagato di meno e dando la precedenza a chi paga di più. Le motivazioni ufficiali non sono mai così esplicite, ma la mappa dei prezzi di ogni singola dose di vaccino non lascia spazio ad interpretazioni.

Vaccini: le armi spuntate degli Stati contro le multinazionali del farmaco

Lo strapotere esercitato dalle multinazionali del farmaco sul tema dei vaccini è una diretta conseguenza delle scelte politiche degli Stati stessi, Stati Uniti ed Europa in primis, che mesi fa hanno bocciato la richiesta di India e Sudafrica per una moratoria sui brevetti almeno nel periodo della pandemia. La discussione in seno al Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) è stata quindi posticipata e gli Stati hanno proceduto ad una contrattazione individuale o di unione con le società farmaceutiche.

In altre parole, sono gli stessi Stati ad aver messo in mano alle multinazionali le armi che ora stanno utilizzando, consentendo che, nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici alla ricerca, il brevetto sui vaccini fosse ad esclusivo uso dei privati, che quindi possono decidere come e quanto produrre e con chi stipulare accordi commerciali per incrementare la produzione stessa.
A ribadire questo meccanismo ai nostri microfoni è Vittorio Agnoletto che sottolinea come lo spauracchio delle multe alle multinazionali sia risibile. «Nel 2016 e 2017 a Big Pharma sono state comminate multe per un valore di 2,9 miliardi di dollari, ma i ricavi che ha fatto in ciascuno dei due anni è superiore ai 500 miliardi», sottolinea Agnoletto.

Nessuno, in realtà, conosce esattamente quali sono i contratti firmati dagli Stati e dalla Commissione europea con le aziende, perché sono stati secretati.
«Se dovesse essere vero che nei contratti c’è scritto che un certo numero di dosi devono essere consegnate entro una scadenza, ad esempio entro la fine del primo trimestre del 2021, saremmo di fronte ad un’incapacità incredibile di chi è andato a discutere i contratti». La necessità di somministrare due dosi a distanza di 21 giorni ad ogni singola persona, infatti, rende impossibile la programmazione sanitaria qualora i vaccini fossero consegnati tutti nello stesso momento.

La petizione per pubblicizzare i brevetti

Agnoletto, insieme ad altri otto professori universitari che si occupano di questi temi, ha lanciato una petizione europea (Ice – Iniziativa dei Cittadini Europei), uno strumento istituzionale della stessa Ue, secondo la quale è necessario raccogliere un milione di firme in tutta Europa, suddivise proporzionalmente per ogni Stato membro (PUOI FIRMARE LA PETIZIONE QUI). «In Italia dobbiamo raccogliere 150mila firme come minimo, possibilmente 180mila per stare tranquilli», informa Agnoletto.
Questo strumento impegna la Commissione a presentare al Parlamento e al Consiglio una proposta che tenga conto di quanto richiesto nella petizione stessa.

Le richieste principali della petizione sono tre. Da un lato si chiede che l’Ue e i suoi Stati membri appoggino la proposta di India e Sudafrica di convocare urgentemente il Wto per arrivare a una moratoria dei brevetti sui farmaci e vaccini contro il Covid.
In secondo luogo si chiede che tutti i farmaci e i brevetti prodotti con un importante contributo economico pubblico mantengano pubblico anche il brevetto.
La terza richiesta riguarda l’applicazione della clausola di salvaguardia presente all’interno degli accordi sulla proprietà intellettuale che permette di applicare le “licenze obbligatorie”. «Cioè uno Stato in una situazione di povertà e in una situazione di pandemia – spiega Agnoletto – può dimostrare di non essere in grado di acquistare i vaccini al prezzo stabilito dalle aziende o che le forniture di queste ultime sono insufficienti e decidere di produrre direttamente i vaccini».

ASCOLTA L’INTERVISTA A VITTORIO AGNOLETTO: