Ormai non si contano più i gridi d’allarme sulla possibile sparizione del bene più prezioso, la sanità pubblica, che poteva vantare il nostro paese (è dei giorni scorsi una petizione su change che in pochissimo tempo ha raccolto migliaia di firme). La nostra regione non fa certo eccezione: tra gli appelli più recenti a far presto registriamo quello di Chiara Gibertoni, direttrice del Policlinico Sant’Orsola, che paventa addirittura il rischio di un commissariamento.
Eppure, nei giorni neppur troppo lontani del covid, è stato tutto un susseguirsi di promesse, impegni e rassicurazioni sulla necessità di rimettere al centro del sistema sanitario la sanità pubblica, l’unica in grado di far fronte a emergenze di tipo pandemico. Di quegli impegni oggi non resta nulla. Dei soldi promessi dal governo, non solo quello Meloni, per rimborsare le enormi spese dovute ai ricoveri e alle vaccinazioni di massa di quel periodo, non si vede nemmeno l’ombra e i disavanzi delle regioni diventano ogni giorno di più delle voragini incolmabili.
Mai come oggi la sanità pubblica italiana è a rischio di scomparsa. Il conto alla rovescia per la sua fine è in atto e non da ora, sono quindici anni che facciamo i conti con il suo definanziamento.
Abbiamo chiesto a Raffaele Donini, assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna e coordinatore della Commissione Sanità della Conferenza delle Regioni, come stanno veramente le cose.