Dal concerto dei Sigur Ros si esce sempre un po’ più arricchiti. Così è stato pure ieri sera al Mega Teatro Geox davanti a migliaia di persone. Jonsi e soci ci hanno portato con loro in Islanda, nella terra dei quattro elementi: acqua, fuoco, cielo e terra. La voce di Jonsi è un vero e proprio strumento capace di ipnotizzarti per un paio di ore. Nel corso della performance siamo passati dalla minimale Svefn-G-Englar alla crescita di sonorità in Glosólì fino a toccare le nuove tracce, alcune degne dello splendore del passato dei Sigur Ros. Complici le immagini ipnotiche che scorrevano alle spalle del quartetto, il pubblico ha seguito con attenzione il live nelle sue esplosioni sonore (come in Poplagid) e nei suoi silenzi. Molte sono state le canzoni tratte da () (Untitled) e, grazie al ritorno alle tastiere di Kjartan Sveinsson, l’album ha vissuto una seconda giovinezza. Particolari i momenti che hanno visto i quattro di Reykjavik raccolti attorno alle varie tastiere, che testimoniano una ritrovata intimità nel gruppo. Gli anni sono passati anche per i Sigur Ros e sono sicuramente più sobri rispetto a quelli dei Giardini di Boboli del 2008. Ciononostante la loro arte si è affinata come l’archetto di violoncello sulle corde della chitarra elettrica di Jonsi.

A fine concerto ripercorro con la mente la carriera ventennale della band e mi ritrovo a pensare a quale sia stato il loro concerto migliore: Giardini di Boboli, Festival di Benicassin, Ferrara sotto le stelle, Villafranca in Veneto o Primavera Sound. Quello di ieri sicuramente è tra i primi posti. Ancora una volta: Bravi!

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Andrea Tabs Tabellini

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