L’orribile morte di Yaya Yafa, il 22enne della Guinea Bissau che ha perso la vita la settimana scorsa mentre lavorava in un magazzino Sda all’Interporto, ha rappresentato la miccia per i sindacati per accendere i riflettori sul problema della sicurezza sul lavoro.
La scia di morti che ha subìto un’impennata dopo la fine delle restrizioni anti-Covid non sembra arrestarsi e la sicurezza è una questione non più procrastinabile.

Per queste ragioni per domani, martedì 26 ottobre, Cgil, Cisl e Uil di Bologna hanno indetto due ore di sciopero generale metropolitano e manifesteranno davanti alla sede dell’Inail.
I confederali, però, parteciperanno anche ad un tavolo in Città Metropolitana con il Capo di Gabinetto Sergio Lo Giudice. Dall’incontro, però, sono stati esclusi i sindacati conflittuali, piuttosto rappresentativi nel settore della logistica. Per questo motivo, i Si Cobas domani daranno vita ad una protesta sotto Palazzo Malvezzi.

Sicurezza sul lavoro, lo sciopero dei confederali

«Dopo lo sciopero di categoria, abbiamo deciso di svolgere due ore di sciopero generale per dare continuità all’esigenza di far luce su quello che è successo, ma anche per portare avanti investimenti e politiche attente ai temi della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro», spiega ai nostri microfoni Maurizio Lunghi, segretario della Cgil di Bologna.
Lunghi accende i riflettori sugli appalti e sul ruolo dei committenti privati nel verificare le condizioni di sicurezza. «Spesso è molto difficile riuscire a capire se le persone sono state addestrate e se sono presenti i dispositivi di sicurezza», osserva il segretario della Cgil.

Importante è anche il gioco di squadra che si può svolgere con le istituzioni, in particolare l’Asl e l’Ispettorato del Lavoro, non solo per i controlli, ma anche per l’individuazione di forme di prevenzione agli incidenti.
«Poi bisogna mettere sotto controllo quelle parti grigio scure delle attività lavorative, di cui la logistica è una componente significativa», evidenzia Lunghi.

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Le proteste dei sindacati conflittuali

Anche i sindacati conflittuali, o sindacati di base, scenderanno in piazza domani e lo faranno alle 16.00 in piazza Nettuno, per poi partire in corteo verso via Zamboni e fermarsi sotto Palazzo Malvezzi, sede della Città Metropolitana. Qui, infatti, dovrebbe svolgersi il tavolo tra i sindacati confederali e il Capo di Gabinetto Sergio Lo Giudice, al quale i sindacati di base non sono stati invitati.

«La sicurezza nei luoghi di lavoro è sempre stata una prerogativa del nostro intervento sindacale – osserva ai nostri microfoni Tiziano Loreti di Si Cobas – Però il Comune di Bologna ha chiamato a discutere di sicurezza sul lavoro solo Cgil, Cisl e Uil e per noi è un problema perché la precarizzazione del mondo del lavoro che favoriscono gli incidenti è frutto delle politiche dei confederali. Inoltre pensiamo che i sindacati di base siano maggiormente rappresentativi, almeno nel settore della logistica».

Dopo la polemica sollevata, Lo Giudice ha provato a rassicurare i sindacati di base su una loro convocazione successiva, ma ciò non tranquillizza i Si Cobas.
«Lo Giudice è un po’ contraddittorio – afferma Loreti – Prima dice che incontrerà solo i firmatari del Patto per il Lavoro e per il Clima della Regione, che noi non abbiamo firmato perché non stiamo nei giochini dei tavoli con gli imprenditori che sono responsabili di quello che avviene. Poi, dopo aver capito di aver fatto un errore, ha provato a mettere una toppa».

Eppure il tema della sicurezza sul lavoro richiederebbe un coinvolgimento massimo, anche delle parti sociali. «È un tema che è esploso dopo la pandemia e ci sono persone che continuano a morire, chi cadendo da un’impalcatura, chi rimanendo schiacciato da una macchina – aggiunge Loreti – Ma c’è anche la questione che il rapporto tra lavoratori e sicurezza è contraddittorio perché spesso i lavoratori son stati costretti a lavorare per poter sopravvivere anche in situazioni di sicurezza precaria».

Allora cosa si può fare per migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro? Per i Si Cobas intanto occorrono più controlli. Poi c’è la questione della formazione dei lavoratori, che è evidente nel caso di Yaya Yafa. «Non si possono prendere lavoratori senza spiegargli come funziona un ciclo di scarico o la catena di montaggio – sottolinea Loreti – Il problema è che vengono presi lavoratori precari, che devono dimostrare di essere capaci per vedersi fare un contratto che duri più di una settimana, quindi lavorano in condizioni di poca sicurezza».

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