L’associazione Solidaria di Bari ha dato vita ad un progetto per contrastare il caporalato nei campi di pomodori. Unendo le forze di migranti e italiani precari, è nata “Sfruttazero”, una passata di pomodori biologici, confezionata in contenitori riciclati e con una equa retribuzione del lavoro svolto. Il progetto, chiamato “Netzanet”, si è svolto all’interno dell’ex liceo Socrate occupato.

Una passata di pomodoro che fermerà il caporalato

Una passata di pomodoro biologica, confezionata in contenitori riciclati e opportunamente sterilizzati e prodotta da migranti ed italiani precari, attraverso un’equa retribuzione e in uno stabile occupato per dare risposta all’emergenza abitativa. È veramente un concentrato di valori quello che si può trovare nella passata di pomodoro “Sfruttazero“, il prodotto del progetto “Netzainet” dell’associazione Solidaria di Bari.
All’interno di una struttura occupata nel 2009 per dare un tetto ai tanti migranti, che spessono vengono sfruttati per la raccolta dei pomodori o di altri prodotti ortofrutticoli e che sovente finiscono nelle mani dei caporali, si realizza un progetto autorganizzato che vuole rappresentare un esperimento e al tempo stesso un esempio sul fatto che esiste un modo di produrre senza sfruttamento.

“La nostra riflessione è partita un po’ anche dall’esperienza di Genuino Clandestino – racconta Pier di Solidaria ai nostri microfoni – e da un’analisi del meccanismo, spesso alimentato dalla grande distribuzione, che genera lo sfruttamento”.
I pomodori biologici provengono da due agricoltori, un italiano e un migrante. Sono Giuseppe, un giovane neolaureto in Lettere, che per sfuggire al destino del precario ha deciso di coltivare alcuni campi della sua famiglia, e Abdul lavoratore migrante, che dopo essere stato per anni sfruttato dal caporalato ed essersi ribellato, ora ha un suo piccolo appezzamento di terreno in Basilicata.
“Durante la raccolta – racconta Pier – ci siamo assicurati che i lavoratori fossero pagati circa 8 euro l’ora“. Cifre ben diverse da quelle praticate in Puglia, dove può capitare che i lavoratori vengano pagati anche a cottimo, 3 euro per un cassone di svariati quintali.

Prima di passare alla trasformazione, è stata lanciata una campagna di crowdfunding, con la quale è stato possibile acquistare le attrezzature necessarie e remunerare i lavoratori.
Per contenere i costi e ridurre l’impatto ambientale, si è pensato di utilizzare contenitori riciclati, come le bottiglie di birra, che sono state raccolte, lavate e sterilizzate. Di qui, in tre giornate di lavoro, una squadra di persone, remunerate 7 euro all’ora, ha realizzato la passata di pomodoro, che è stata successivamente venduta attraverso reti solidali.
“Sia la scelta di questo frutto che dei produttori non è stata casuale – spiega Pier – La Puglia è purtroppo famosa in tutto il mondo per il Ghetto di Rignano Garganico, dove i migranti vengono sfruttati per la raccolta dei pomodori. Allo stesso modo, la scelta dei fornitori, uno italiano e uno migrante, serve a dire che, nonostante i mass media fomentino un conflitto fra le due categorie, i punti di contatto e i destini sono simili”.

Per il futuro Solaria ha intenzione di ripetere l’esperimento. Già a partire da Natale, quando verranno realizzate alcune ceste che, oltre alla passata “Sfruttazero”, conterranno altri prodotti provenienti da piccole realtà dell’autoproduzione che hanno seguito e sostenuto il progetto “Netzanet”.
Per saperne di più: https://it-it.facebook.com/NetzanetSolidaria