È stato un intervento tutto concentrato sugli obiettivi raggiunti quello che il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha tenuto questa mattina in audizione alla Camera. Il titolare del Miur ha snocciolato tutti i punti conseguiti, sottolineando a più riprese la collegialità dell’ottenimento, e molto poco si è concentrato sui nodi critici ancora in attesa di risposte.
Il prossimo 13 settembre, dunque, riapriranno le scuole e, per farci un’idea sulle reali condizioni in cui si troveranno gli istituti nel terzo anno scolastico toccato dalla pandemia, abbiamo messo a confronto le parole del ministro con quelle di chi nella scuola ci lavora.

Scuole, i successi elencati dal ministro

Bianchi ha aperto il suo intervento enunciando un risultato storico, ottenuto per la prima volta in Italia: la riapertura delle scuole con tutti i posti di ruolo assegnati. «Partiremo il 13 settembre – ha sottolineato il ministro – avendo tutti i docenti al loro posto rispetto alle 112 mila cattedre vuote e vacanti: avremo 58.735 mila posizioni a ruolo già assegnate, di cui 14194 sul sostegno; non abbiamo atteso, e altri 113.544 mila incarichi annuali sono stati assegnati, di cui 59.813 sul sostegno. Inoltre oltre 59 mila posti sono assegnati per il sostegno».

Oltre a ciò, Bianchi ha ricordato l’apertura estiva delle scuole con oltre un milione di ore di didattica recuperate, ma ha snocciolato anche una lunga serie di investimenti, tra cui i 3,8 miliardi di risorse stanziate quest’anno per la scuola, in aumento di un miliardo rispetto all’anno scorso, 2,6 miliardi di euro per la sicurezza sismica, 5 miliardi per la digitalizzazione e 2 miliardi per le riaperture, tra cui 850 milioni per i trasporti.
Il ministro ha anche fatto rientrare le polemiche sul personale scolastico vaccinato, riferendo che ammontano al 92% i lavoratori immunizzati.

In un breve passaggio del suo discorso, Bianchi ha anche affrontato l’annoso problema delle cosiddette “classi pollaio”, le aule sovraffollate. Per il ministro sono appena il 2,9% quelle che superano i limiti consentiti dalla legge, cioè oltre i 27 alunni, concentrate negli istituti tecnici professionali delle grandi periferie urbane. «È lì che dobbiamo agire e stiamo agendo, con azioni mirate, basta interventi a pioggia”, ha detto il ministro.

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Per chi lavora a scuola il quadro è meno roseo

L’enunciazione dei risultati del ministro si scontra con le mobilitazioni su diversi punti critici che sono in previsione nei prossimi giorni. Una di queste avviene proprio oggi a Bologna, dove si protesta per la mancata attivazione delle scuole serali.
Nel pomeriggio del 13 settembre, sempre a Bologna, si terrà un presidio sotto all’Ufficio Scolastico Regionale, mentre il 20 del mese tornerà in piazza il cartello di Priorità alla Scuola.

«L’importante è portare a casa un risultato che permetta di essere raccontato nelle prime due righe di un articolo», è il commento amaro di Jacopo Frey dei Cobas Scuola di Bologna al discorso di Bianchi.
Per il sindacalista è vero che per la prima volta tutti i posti vacanti sono stati assegnati prima dell’inizio della scuola, ma ciò che non è stato raccontato è come si è ottenuto questo risultato, cioè forzando la mano e sacrificando «lavoratori e lavoratrici che devono prendere delle scelte importanti per la loro vita professionale in un momento in cui il Paese è vacanza, quindi è difficile reperire informazioni e avere dei suggerimenti».

Secondo Frey, nei confronti del ministro Bianchi c’è una soglia di tollerante superiore a quella riservata alla ministra Azzolina, che lo ha preceduto al Miur. Eppure i punti che rimangono critici nella scuola sono tanti, a partire da personale, spazi e sicurezza, ma non vengono realmente approfondite.
A proposito delle classi pollaio, ad esempio, ciò che non viene detto è che ci sono moltissime classi che hanno toccato il tetto consentito dalla normativa, cioè 27 alunni, derogando in questi casi anche al distanziamento di un metro imposto dalla normativa anti-Covid.

«Le prime classi delle scuole superiori della provincia di Bologna – osserva il sindacalista – hanno tutte un numero medio di alunni che va dai 25 ai 27». Condizioni che non si conciliano con le misure di sicurezza contro la pandemia, per il rispetto delle quali occorre ancora fare degli investimenti straordinari in spazi, strutture e personale.
L’esponente dei Cobas Scuola riferisce che non è neanche chiaro cosa succederà nel caso che uno studente o un docente risulti positivo al Covid, né è noto se tornerà anche per quest’anno la Dad. «La normativa dice che la Dad non può essere utilizzata come soluzione tampone per delle carenze strutturali della scuola – sottolinea Frey – Ma le scuole non hanno quelli spazi e, nel piano dell’offerta formativa, l’anno scorso il Ministero ci chiese di inserire anche un piano specifico per la didattica digitale integrata. Quindi il rischio rimane».

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