Ha debuttato l’attesa produzione internazionale in tre lingue di ERT e Teatro Nazionale Slovenko Miadinsko Gledalisce, in collaborazione con Cankarjev Dom- théatre National di Luxembourg. ErosAntEros- Polis Teatro Festival e Teatro Stabile di Bolzano che ha portato in scena “Santa Giovanna dei macelli” di Brecht in una traduzione di Franco Fortini per l’italiano, Mojca Kranjc per lo sloveno e Ralph Manheim per l’inglese. Lo spettacolo vede in scena tra gli altri Agata Tomsic nel ruolo del titolo e lo straordinario Danilo Nigrelli nei panni dello speculatore Mauler mentre ideazione, regia e spazio scenico sono curati da Sacco e Tomsic di ErosAntEros, musiche originali dal vivo dei Laibach.
Un cast internazionale per riportare sulle scene un testo importante di Brecht che, all’indomani del crollo della borsa di new York del 1929, volle narrare le cause della povertà dei lavoratori originate dalla speculazione finanziaria e dallo sfruttamento della classe lavoratrice in un mondo rappresentabile come un generalizzato macello.
Danilo Nigrelli è incredibilmente bravo nel rappresentare con ironia la figura del presunto filantropo Mauler, re della carne, che mira a salvarsi da ingenti perdite e ad accrescere il proprio patrimonio rovinando i suoi azionisti, i concorrenti, fabbricanti di carne e allevatori di bestiame, risparmiatori e, ovviamente, i lavoratori.
Tutti sono sacrificabili, tutti possono finire nel tritacarne per il guadagno di pochi o, addirittura, di uno. Efficaci le proiezioni video di parte dei personaggi che dialogano con Mauler come fossero in videoconferenze perrmettendo all’attore di restare a mollo della sua vasca da bagno, facendo comodamente affari, stravolgendo l’economia mondiale per realizzare i propri obiettivi. Colpisce poi l’organizzazione dello spazio scenico con i Laibach in alto su un ulteriore palcoscenico interno con le loro uniformi de- individualizzanti qui contestualizzate come facenti parte dei Black Hats, l’organizzazione religiosa a cui appartiene anche la missionaria Giovanna Dark (Agata Tomsic). Davanti a questo palco un telo trasparente permette la proiezione di immagini anche durante i brani musicali creando interessanti suggestioni. Sorprendente il disegno luci di Vincenzo Bonaffini e i costumi di Arianna Fantin realizzati da Eleonora Terzi sono perfettamente adeguati ai ruoli, alle funzioni e al senso del testo brechitano.
E’ emozionante vedere in scena Santa Giovannna dei macelli, sentire risuonare, anche se modalità aggiornate, le parole di Bertolt Brecht in un momento in cui abbiamo bisogno della sua analisi sociale, in cui ci sentiamo molto vicini all’epoca in cui scriveva sentendo ogni giorno di più avvicinarsi il rullo dei tamburi e ci chiediamo quando verranno a prendere anche noi e saremo travolti dall’allargamento delle guerre in corso. Santa Giovanna ci mostra lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le bassezze a cui uomini e donne possono spingersi per la colpa della miseria, della fame della disperazione e della disoccupazione.
Nella presentazione dello spettacolo ErosAntEros afferma “oggi viviamo nell’era della permacrisi, i centri di produzione si sono spostati, le grandi masse operaie non risiedono più nel privilegiato occidente e i padroni sono più difficili da identificare, ma lo sfruttamento degli esseri viventi e delle risorse non si sono fermati”. Che autore più di Brecht può aiutare il mondo artistico a narrare i meccanismi della sopraffazione e possa spingere spettatrori e spettatrici all’azione consapevole contro le cause dell’oppressione.
Il mondo globalizzato odierno impone anche alle produzioni teatrali sforzi collettivi per realizzare spettacoli che possano avere una circolazione, possano essere visti da un gran numero di spettatori e spettatrici e da qui la scelta per questa Santa Giovanna di una produzione internazionale che coinvolge attori e attrici nonché esperti/e della parte tecnica di diversi paesi del mondo, che parlano più lingue e permettono ai contenuti delle performance brechtiana di arrivare ed essere compresi con tutti i riferimenti agli attuali conflitti e alle odierna precarietà del mondo del lavoro e dei diritti.
Se ben funziona l’ironia, l’essere sopra le righe per il “macellaio di carne umana” Mauler, meno riuscita risulta a mio avviso l’interpretazione di Giovanna Dark da parte di Tomsic. Ho molto apprezzato in altri spettacoli l’uso della voce da parte dell’attrice, in questo caso mi è risultato stonato, fuori luogo come il suo agire parodistico. Se è pur vero che Giovanna ingenuamente cade vittima delle trame tessute da Mauler e causa la sconfitta dei lavoratori, la sua dovrebbe risultare comunque una figura eroica, una pacifista rivoluzionaria che predica la nonviolenza, una donna che lotta perchè la classe operaia prenda coscienza dello sfruttamento a cui è sottoposta e ne ricerca le cause. Nello spettacolo invece Giovanna appare ben poco eroica. Sia Giovanna che l’Esercito della Salvezza, ovvero i Black Hats, nel loro predicar cantando vengono rappresentati parodisticamente e intesi dalla compagnia come “metafora degli intellettuali che per lucrare mediano a favore del potere” intendendo marxianamente la religione come oppio dei popoli. Per quanto possa condividere l’opinione sullo statuto della religione, mi sembra, alla lettura del testo e da altre rappresentazioni viste, che nell’intento dell’autore non ci fosse quello di denigrare la sua Giovanna ispirata alla lontana da Giovanna D’Arco e che forse andava distinta dagli altri soggetti della congrega religiosa. Nel testo viene infatti narrata anche la sua trasformazione da un primo momento in cui ha ciecamente fiducia nella ricompensa eterna per le sofferenze terrene, a un secondo momento in cui comprende che bisogna agire nel concreto per alleviare le sofferenze di chi sta in basso tanto che è lei stessa ad affermare nel finale “se uno sta in basso e dice che c’è un Dio che nessuno vede e che può essere invisibile e che pure ci aiuta, bisogna sbattergli il capo sulle pietre finchè crepi”.
Nel suo percorso di conoscenza Giovanna incontra Mauler la cui abilità di manovrare tutto e tutti determinerà lo spezzarsi della sua volontà rivoluzionaria e il suo fallimento nel sostenere la lotta di classe, venendo travolta nelle sue speculazioni; tuttavia dovrebbe asumere uno statuto di grandezza se non altro perchè il suo inevniitabile fallimento, pur nella presa di coscienza progressiva della realtà delle cose, è lo strumemento che serve all’autore per affermare l’impossibilità di essere buoni in un mondo dominato dallo sfruttamento e, come in tutti i suoi drammi aperti, lascia che sia il pubblico a modificare il quadro del presente descritto.
Brecht nei suoi scritti teatrali afferma di non volere nei suoi testi porre in discussione l’essenza della religione piuttorso “gli sforzi degli uomini per suscitare la fede” e precisa che “bestemmiando Iddio o rendendo spregevole l’atteggiamento religioso, questo lavoro fallirebbe il suo scopo che è quello di diffondere una nozione approfondita […] dei grandi processi sociali sociali del nostro tempo”. Da queste affermazioni capiamo che è certo corretto utilizzare la parodia nel rappresentare quest’opera, in particolare per rappresentare Mauler e Black Hats la cui religione, a detta della stessa Giovanna nelle ultime battute, non ha effetti sulla vita reale, ma nell’intento primario di far comprendere il funzionamento dei mercati fianziari riconosce alla sua protagonista l’onore di essere riuscita, a differenza degli altri appartenenti all’ordine religioso, a compiere la discesa verso gli inferi fino a comprendere la realtà dei compagni operai e a condividerne la sconfitta.
Complessivamente, sebbene riconosca alla produzione di aver messo in piedi uno spettacolo di grande effetto e di qualità a cui auguro molte repliche in diverse parti del mondo (già è stato annunciato che a novembre 2024 lo spettacolo sarà in scena al Cankarjev Dom di Lubiana e al TNL – Théâtre National du Luxembourg, Lussemburgo), devo dire di aver preferito la produzione di qualche anno fa realizzata dal Teatro due Mondi soprattutto per la rappresentazione meno caricaturale di Giovanna, specie nella seconda parte in cui avviene il lei un cambiamento e poi per la parte musicale, affidata in quel caso al coordinamento di Antonella Talamonti che portava in scena cori, frutto di un lavoro attarverso improvvisazioni vocali, sicuramente meno robianti e con effetti meno psicadelici dei Laibach, ma che mi avevano maggiormente entusiasmata e coinvolta.
Delle musiche dei Laibach ho apprezzato le straordinarie voci sia quella incredibilmente profonda di Milan Fras che quella aculta e dolce di Mina Spiler e immagino che le loro proposte originali possano avere una buona presa sul pubblico sia giovane che su quello che li ha amati negli anni ’80. Efficace è l’interazione creata tra musiche, luci e proiezioni e l’immobilità dei/delle musicisti/e come dei personaggi a isolare i momenti musicali dallo scorrere dell’azione come fasi di riflessione, di pensiero su quanto già rappresentato. Produzione di grande effetto, di sicuro successo sui palcoscenici europei.
A Bologna all’Arena del Sole fino al 21 aprile e il 24 aprile a Ravenna a POLIS Teatro Festival