«A me sembra più un problema di tipo geopolitico che sanitario, forse anche per i contrasti che negli ultimi mesi ci sono stati tra la Russia e l’Unione europea su questioni di tipo extra sanitario». Con queste parole Agostino Ceccarini, medico responsabile della campagna vaccinale anti-covid di San Marino, fotografa le resistenze europee verso il vaccino Sputnik, prodotto in russia.
La piccola repubblica collocata in Romagna, infatti, si è divincolata dalle titubanze dell’Ue e ha già cominciato a somministrare le dosi al personale sanitario e, da oggi, alla popolazione.
La presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha motivato la titubanza del Vecchio Continente nei confronti del siero russo con questioni formali e sanitarie. Il protocollo europeo sui vaccini, infatti, prevede diversi paletti, tra cui la possibilità da parte di ispettori di visitare i siti produttivi.
La scienza, però, sembra correre più veloce, dal momento che sia la rivista scientifica “The Lancet” che l’Istituto Spallanzani di Roma hanno fornito recensioni positive sullo Sputnik, sia per sicurezza che per efficacia, fissata al 91,6%.
San Marino e il vaccino Sputnik, le ragioni di una scelta
«La scelta è maturata nel momento in cui, a distanza di circa due mesi dall’inizio della campagna vaccinale in Europa, il nostro Paese non aveva ancora ricevuto una dose – spiega ai nostri microfoni Roberto Ciavatta, segretario di Stato alla Sanità per la Repubblica di San Marino – Noi abbiamo sottoscritto un protocollo con la Repubblica italiana, e di conseguenza con la Commissione europea e le case farmaceutiche, già a partire dall’11 gennaio. Tuttavia a causa di alcun rallentamenti, non dettati dall’Italia o dalla Commissione, ci hanno portati a non avere alcuna dose disponibile, quindi ci siamo rivolti attraverso vie diplomatiche sul mercato».
L’unico vaccino disponibile per vie ufficiali è risultato proprio lo Sputnik.
Quanto alla sicurezza e all’efficacia, Ciavatta spiega che la fondazione governativa russa che si occupa del vaccino ha fornito tutta la documentazione relativa alla sperimentazione, che San Marino ha girato al proprio comitato di bioetica. Le rassicurazioni e le recensioni positive di riviste scientifiche, istituti e virologi, del resto, hanno offerto ulteriori garanzie.
«Il nostro Paese non è membro dell’Ue e non ha un ente regolatorio interno – sottolinea il segretario di Stato – quindi già per prassi noi utilizziamo tutti quei farmaci che sono approvati da un ente regolatorio internazionale, che solitamente è Aifa o Ema, ma abbiamo già utilizzato anche farmaci indiani, turchi o russi».
Le forniture dello Sputnik consentiranno a San Marino di soddisfare il 15% del proprio fabbisogno vaccinale, mentre il preseguimento della campagna avverrà con vaccini più “tradizionali”. Il vaccino Sputnik necessita di temperature di conservazione un po’ più alte rispetto a quelle di Pfizer, circa sui -20°, e la sua peculiarità sta nel fatto che la prima e la seconda dose sono differenti, non si tratta dello stesso siero.
Quanto alle titubanze europee, Ciavatta non si sbilancia, ma sottolinea come la stessa federazione russa non abbia ancora fatto richiesta di autorizzazione ad Ema, l’agenzia europea del farmaco.
ASCOLTA L’INTERVISTA A ROBERTO CIAVATTA:
La fotografia del piano vaccinale italiano
La Repubblica di San Marino si colloca geograficamente in Romagna, dove in questi giorni, come per l’Area Metropolitana di Bologna, è stata istituita la zona “arancione scuro” per l’aggravarsi dei contagi.
In Emilia Romagna, dal 27 dicembre, giorno in cui sono arrivate le prime dosi, sono state somministrate 385.603 vaccini. Ciò significa che la media giornaliera è di 6mila dosi somministrate su tutto il territorio regionale, circa 670 per ogni provincia. Considerando che la popolazione che risiede in regione è pari a 4,46 milioni di persone, ciò significa che a questo ritmo, senza sensibili accelerate, ci vorrebbero due anni per vaccinare l’intera popolazione.
Lo scorso 5 febbraio la Regione, per bocca del presidente Stefano Bonaccini e dell’assessore alla Sanità Raffaele Donini, ha fatto sapere di essere in grado di vaccinare 45mila persone al giorno, ma l’incognita più grossa rimane la fornitura di vaccini. Sia Pfizer che AstraZeneca stanno facendo arrivare dosi col contagocce.
A livello nazionale non va meglio. Sono infatti 4.302.717 le somministrazioni effettuate nei 64 giorni dall’arrivo delle prime dose, mentre le persone immunizzate – quelle cioè che hanno ricevuto entrambe le dosi necessarie – sono appena 1,4 milioni. A questo ritmo, occorrerebbero 7 anni per vaccinare l’intera popolazione.
Secondo le stime presenti sul sito del governo, nel secondo trimestre del 2021 dovrebbero essere 52,5 milioni le dosi che dovrebbero giungere in Italia, per salire nel terzo trimestre a 79 milioni.
Resta da verificare se le aziende produttrici manterranno gli impegni, dal momento che al primo marzo (terzo mese del primo trimestre) sono state consegnate poco più di un terzo delle dosi promesse. Inoltre occorre sperare che la macchina logistica ed organizzativa sia in grado di mantenere il ritmo.