Sarà anche teatro dell’assurdo, ma le azioni e le ripetizioni della nostra vita sono diventate così assurde che questo testo mi pare ora assolutamente ragionevole e chiaro! (Jurij Ferrini)
La stagione di prosa della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara si è aperta ieri sera con un gradito ritorno, quello della coppia Natalino Balasso–Jurij Ferrini che, dopo I Rusteghi di Carlo Goldoni, ha presentato al pubblico estense in prima nazionale un altro classico: Aspettando Godot di Samuel Beckett.
Il progetto è nato dal desiderio di continuare la fortunata collaborazione iniziata con la pièce di Goldoni e la potenza drammaturgica del capolavoro di Beckett, con i mulinelli verbali fra i protagonisti e i loro dialoghi, offre ai due attori il materiale adatto per tirar fuori tutta la loro attitudine alla comicità. I fatti sono questi: due personaggi, Vladimiro ed Estragone (Didi e Gogo) passano le loro giornate cercando di ingannare il tempo mentre aspettano un certo Godot con il quale sembrano avere un vago appuntamento, anche se non ne sono affatto sicuri. E si aspettano una grande fortuna da questo incontro senza ricordare più esattamente quello che gli hanno chiesto e neppure chi sia di preciso questo Godot. Di lì passano altri due personaggi Pozzo e Lucky: padrone e servo, il primo tiene il secondo legato con una corda al collo e lo tratta senza alcuna umanità. L’attesa continua fino all’arrivo di un ragazzo con un messaggio di Godot: egli non arriverà più per quella sera ma certamente il giorno seguente. Di nessuno di loro si sa nulla, da dove vengano e dove stiano andando, e il tutto avviene in un non luogo e in un non tempo. “Chi siete” chiede Pozzo, “Siamo uomini” risponde Didi. L’attesa assume così una dimensione universale diventando la condizione esistenziale dell’umanità intera: ognuno di noi, uomini e donne, attende invano un cambiamento, avendo completamente smarrito il senso del tempo, dell’azione per ottenere un determinato scopo o della semplice e concreta volontà. Non si saprà mai chi sia Godot, ma in realtà poco importa se sia Dio, una occasione del destino oppure ancora un uomo, ricco e potente, in grado di cambiare la vita dei protagonisti, ciò che conta è l’attesa, la loro come la nostra, così vuota e angosciosa proprio perché spesa ad aspettarsi un futuro diverso.
Spartiacque nella storia della drammaturgia, Aspettando Godot, scritta agli inizi degli anni ’50, è una commedia congegnata magistralmente sfruttando tutte le risorse e le combinazioni del genere, dal qui pro quo al doppio senso, dalla gag farsesca alla parolaccia di gergo. Al tempo stesso Beckett ha concepito uno stile di linguaggio straordinario ed essenziale, ricco di umorismo e di comicità, spesso sacrificata o dimenticata negli allestimenti di quest’opera ma che emerge appieno in questa versione, la cui regia è curata dallo stesso Ferrini. Estragone e Vladimiro si rivelano due creature uscite da una penna ironica e tagliente, disperate ma anche allegre e innamorate della vita, abitanti di un universo dove la fantasia può invadere la scena e prendere il sopravvento su tutto il resto.
Federica Pezzoli