Non tutte le ciambelle dei festival riescono col buco, anche se la giornata di Saalfelden di buchi ne ha visti tanti. A salvare la barca dal naufragio ci hanno pensato il batterista Christian Lillinger e il rock radicale di Kjetil Møster

Tra i tanti concerti proposti dal festival austriaco  cerchiamo di estrarne quelli più significativi. Partiamo allora  dal primo pomeriggio  dove, al piccolo teatro Nexus,  andava in scena Amok Amor special edition “We know not what we do”, con il batterista Christian Lillinger leader del quartetto, il basso di Petter Eldh, il saxofonista Wanja Slavin ed il trombonista Samuel Blaser. Il riferimento obbligato del trio è la musica di Ornette Coleman con quella sua caratteristica di essenzialità, dove l’esprit du jazz vive nelle dinamiche delle invenzioni individuali e collettive del gruppo. A completare quest’effetto colemaniano la cavata fortemente hadeniana del basso, il post parkerismo del contralto e le note larghe del trombone di Blazer alla Grachan Moncur III che ci riportano negli anni della new thing. Ma sotto la patina d’antan si dispiega la ricerca ritmica di Christian Lillinger che costruisce i brani del set con una impressionante matrioska ritmica, con continui cambi di tempo calcolati con geometrica precisione e suonati con millimetrica perizia. Un’operazione possibile grazie alla mirabile tecnica del percussionista berlinese. Quello che però , cinquant’anni dopo  quell’epopea colemaniana ,  forse un po’ si perde,   è la poesia delle ornettiane  blues connotation od european echoes. Musiche allora orchestrate  probabilmente in modo meno cerebrale, ma con ben maggior forza intuitiva,  ricordando Bertlod Brecht che affermava come le cose semplici fossero le più difficili da fare.

Dalla Norvegia arriva il  Møster! „When you cut into the Present“ “When you cut into the Present”  con una tipica rock band formata da Kjetil Møster ai sassofoni, Hans Magnus Ryan alla chitarra, Nikolai Hængsle Eilertsen al basso elettrico e  Kenneth Kapstad alla batteria. Si sente l’eredita’ della rivoluzione di Canterury, ma delle atmosfere da King Krimson son scomparse le melodie malinconiche e le atmosfere psichedeliche si sono trasformate nel rock radicale che caratterizza la band, le canzoni si sono sciolte in sequenze iterative dove il sax drammatizza la situazione, la batteria tiene tempi sempre piu`parossistici e la chitarra scandisce frammenti sonori. Nel magma emergono temi corali che riempiono il teatro con la loro potenza di suono. Il Møster del rock rinasce eternamente dalle sue ceneri ed un giro di basso riecheggia quella Willie the Pimp di zappiana memoria.

Due concerti alla “Saalfelden”, ma troppo poco per una manifestazione dalle tradizioni così importanti.