QCode, il magazine di geopoetica, cambia forma. Oltre alla forma digitale, che rimane un punto di riferimento quotidiano, la rivista cartacea non sarà più semestrale, ma trimestrale grazie ad un nuovo editore, Phlegraea.
Per inaugurare questo nuovo corso, QCode presenta un numero cartaceo che ha per parola-chiave “Generi“, che si dipana nel sottotitolo: “La fine dell’era binaria, la scelta della propria identità. Intersezionalità, gender e fluidità“.

Il giornalismo narrativo di QCode

«QCode è nato tanti anni fa, ormai sono nove anni – racconta ai nostri microfoni Angelo Miotto, che con Christian Elia condivide la direzione del giornale – ed è nato innanzitutto in maniera digitale come spazio libero di scrittura. Abbiamo mutuato l’espressione “geopolitica” in “geopoetica“, che altro non è che raccontare quelli che sono i rapporti di forza anche attraverso le storie delle persone, quindi attraverso un giornalismo che sia narrativo». L’idea alla base del prodotto editoriale è quello di chiedere al lettore di riprendersi il tempo di lettura, spiega il direttore.

Da due anni QCode è anche in versione cartacea, prima con un semestrale e ora, grazie al nuovo editore Phlegraea, in forma trimestrale. Il primo numero, appena uscito, ruota attorno al concetto di “generi”.
«Ci piaceva cominciare la nuova fase della vita cartacea di QCode con una parola di periodo secondo noi molto importante – osserva Miotto – che rappresenta uno dei maggiori snodi che si stanno vivendo a livello sociale prima ancora che politico. Soprattutto tra i più giovani vediamo che quello dei generi è un discorso non soltanto di moda, ma che viene recepito e discusso con una grande profondità».

Nel numero, quindi, sono presenti reportage e approfondimenti sul tema, a partire da un “breve dizionario per boomer” per inquadrare la terminologia del settore, che spaziano non solo nell’argomento, ma anche nello spazio.
Una delle caratteristiche di QCode, infatti, è quella di indagare un fenomeno a diverse latitudini e longitudini. E a farlo, spesso attraverso long form, non sono solo giornalisti, ma anche ricercatori, attivisti e portatori di interesse che arricchiscono l’offerta informativa.

Il giornalismo narrativo, dunque, sfida il mordi e fuggi dell’informazione mainstream, il giornalismo indipendente cerca di ricavarsi uno spazio in un panorama dove la superficialità e l’interesse economico e il marketing sembrano comandare.
«Ci sono molti mezzi di giornalismo indipendente in realtà – evidenzia Miotto – però siamo tutti molto scollegati. Su questo stiamo lavorando per cercare di capire come mettere insieme tante realtà che hanno identità diverse, ma alla fine lavorano su un concetto di informazione profondo, verificato e che prende il tempo del ragionamento. Abbiamo bisogno di metterci insieme per essere più visibili ed essere riconosciuti maggiormente».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANGELO MIOTTO: