La Camera approva il ddl Boschi per la riforma Costituzionale e ora il Senato dovrà dare il via libera definitivo. Nel frattempo nascono i comitati per il No al referendum confermativo. Fratoianni: “Una riforma che restringe la democrazia, ma il referendum non è una concessione di Renzi. Sarà una battaglia su due idee di Paese”.
Riforme costituzionali: Referendum sempre più vicino
Con 367 sì, 194 no e 5 astenuti, la Camera ha approvato ieri il ddl Boschi, la riforma della Costituzione che, tra le altre cose, prevede la redifinizione del nuovo Senato. Nessun vacillamento della maggioranza di governo, nemmeno all’interno del Pd, dove la minoranza interna pare essersi acquietata dopo le piccole modifiche apportate alla legge.
Ora il ddl torna a Palazzo Madama, dove dovrà essere discusso e approvato senza apportare modifiche.
Ieri, però, è stato anche il giorno della presentazione dei Comitati per il No al referendum confermativo, che si svolgerà presumibilmente in autunno. “Auletta dei Gruppi Parlamentari di Montecitorio gremita: in tantissimi alla presentazione del Comitato dei giuristi per il No allo stravolgimento della Costituzione. Buon segno a difesa dei valori costituzionali e della democrazia”, ha scritto su Twitter il deputato di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, che insieme a nove colleghi ha dato vita all’iniziativa.
LE PRINCIPALI MODIFICHE COSTITUZIONALI. La riforma Boschi prevede alcune sostanziali modifiche dell’assetto istituzionale dello Stato. Come si è detto, a Camera sarà l’unica a votare la fiducia e i deputati rimarranno 360. Storia ben diversa per il Senato, che sarà composto da 95 membri eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), più 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo su riforme e leggi costituzionali. Potrà anche modificare le leggi ordinarie, ma solo chiedendolo alla Camera, che comunque potrà rifiutare.
Sul Senato la minoranza Pd è riuscita a strappare una piccola modifica: i cittadini, al momento di eleggere i Consigli Regionali, potranno indicare quali consiglieri saranno anche senatori.
La riforma, inoltre, è anche l’occasione per l’abolizione definitiva dalla Costituzione delle Province e del Cnel, il Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro.
Novità importanti – e preoccupanti – anche per altre materie. La riforma, infatti, sembra archiviare quasi del tutto il federalismo, con buona pace della Lega. Materie come energia, infrastrutture e Protezione Civile torneranno in capo allo Stato.
Brutte notizie anche per la partecipazione popolare. Se è vero che verrà abbassato il quorum per i referendum che raccoglieranno 800mila firme anziché 500mila (metà degli elettori che hanno partecipato all’ultimo appuntamento e non metà del corpo elettorale), ad avere maggiori ostacoli saranno le leggi di iniziativa popolare, che dovranno essere sostenute da 150mila firme, contro le 50mila richieste oggi.
LA SFIDA REFERENDARIA. La riforma costitituzionale dovrà superare lo scoglio del referendum confermativo, che con ogni probabilità si terrà ad ottobre 2016. Dalla presentazione del Comitato per il No emerge che c’è già tra le fila dell’opposizione il numero di Parlamentari necessario (126) per richiedere il referendum.
“Renzi ha provato a descrivere la consultazione popolare come una concessione – spiega ai nostri microfoni Fratoianni – ma in realtà è uno strumento già previsto dalla Costituzione, qualora le modifiche, come in questo caso, non vengano approvate dai due terzi del Parlamento”.
Il deputato di Sinistra Italiana, quindi, afferma che la battaglia referendaria avrà un esito per nulla scontato e che non sarà un plebiscito su Renzi, come il premier ha cercato di trasformalo, ma un confronto fra due idee diverse di Paese e di democrazia: da un lato un modello che, con l’abbinamento tra la riforma costituzionale e l’Italicum, disegna una restrizione della democrazia, dall’altro l’idea di proporzionalità ed equilibrio del peso delle diverse istituzioni, così come disegnato dai padri costituenti.