Il piano di assunzioni previsto dal governo con la riforma della “Buona scuola” stabilizzerà solo una parte dei docenti precari, al contrario degli annunci fatti da Renzi a settembre di azzerare la precarietà nella scuola. A protestare sono i docenti delle graduatorie d’istituto e gli idonei del concorsone del 2012, oltre all’esercito di abilitati attraverso i percorsi abilitanti speciali e i Tirocini formativi attivi.
I continui cambi di rotta del governo sulla riforma della scuola rischiano di lasciare per strada migliaia di docenti precari. Si tratta di quei tantissimi lavoratori della scuola che nei giorni scorsi sono arrivati a Roma da tutta Italia per manifestare contro le misure contenute nel disegno di legge sulla “Buona scuola” approvato dal consiglio dei ministri. Mentre sono ancora incerti i tempi e il percorso che il provvedimento è destinato a seguire nel suo iter parlamentare, al momento l’unico punto fermo è che si è molto distanti dagli annunci e dalle promesse con cui sei mesi fa Matteo Renzi presentò il piano di riforma della scuola.
Se a settembre il governo annunciava trionfalmente che il precariato nella scuola aveva i giorni contati, ed era pronto a mettere in campo un piano di assunzioni straordinario di 150 mila insegnanti, il disegno di legge varato giovedì scorso ha rimesso tutto in discussione, e migliaia di docenti saranno esclusi dal piano di stabilizzazione. Il testo prevede l’assunzione di 100mila insegnanti provenienti dalle Graduatorie ad esaurimento e dalle Graduatorie di merito. Le assunzioni non riguarderanno le Graduatorie di istituto e gli idonei del concorso del 2012, ma a non vedere una prospettiva di stabilizzazione sono almeno 100mila abilitati dopo il 2011 attraverso i corsi organizzati dalle università, i Pas (Percorsi abilitanti speciali) e i Tfa (Tirocini formativi attivi), e Scienze della formazione primaria.
Un esercito di insegnanti invisibili che potrebbero presto trasformarsi in un esercito di ricorsi in Tribunale, come già annunciato dal sindacato Anief. Si aggiungeranno a questa schiera anche coloro che rientrano nella sentenza della Corte di giustizia europea che a novembre ha condannato il nostro paese per l’uso massiccio di contratti a tempo determinato nella scuola.