Con le riaperture decise dal governo e l’avvicinarsi della stagione estiva tornano puntuali le polemiche sui “giovani fannulloni“. Tutto parte dall’allarme lanciato da associazioni datoriali, imprese del turismo ed esponenti della politica, che lamentano la difficoltà nel reperire personale per la stagione estiva e puntano il dito contro il reddito di cittadinanza. L’attacco più duro e colorito, come sempre, è arrivato dal presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che associa direttamente la scarsità di manodopera al reddito di cittadinanza.

Anche in Emilia-Romagna, però, le polemiche non sono tardate. In particolare, nella nostra regione mancherebbero dai 5.000 ai 7.000 addetti nelle strutture turistiche e c’è chi non ha mancato individuare le cause nel provvedimento voluto dal M5S e messo in campo dal governo Conte o nei bonus erogati ai lavoratori e alle lavoratrici stagionali in questi 15 mesi di emergenza pandemica.
Una polemica ciclica, come ciclica è la retorica dei “fannulloni”, che questa volta ha prodotto la risposta della Cgil dell’Emilia-Romagna, che ribalta il ragionamento e dà la colpa alla cattiva occupazione.

Se il reddito di cittadinanza è più vantaggioso significa che il lavoro è sottopagato

«Anche quest’anno, puntuale come ogni inizio estate, scatta la solita polemica sulle lavoratrici e sui lavoratori stagionali», osservano in una nota il segretario generale della Cgil, Luigi Giove, e quello della Filcams, Paolo Montalti. «Una volta era l’abolizione dei voucher, un’altra volta il reddito di cittadinanza, ma non è così», aggiunge Giove ai nostri microfoni.
Le cause della mancanza di manodopera, però, per i sindacalisti vanno cercate altrove, più precisamente in fenomeni come la diffusa irregolarità nel settore, il diffondersi del sistema di applicazione di “contratti pirata”, un’elevata precarizzazione del lavoro (non solo nella stagionalità) e il ricorso al “lavoro in appalto” con l’utilizzo di personale non assunto direttamente dall’impresa ma fornito da terzi ed ulteriormente sottopagato.

Pratiche messe in campo dagli imprenditori per risparmiare e tagliare i costi del lavoro, che hanno portato ad un progressivo impoverimento del lavoro stesso che inevitabilmente rende meno interessanti le opportunità occupazionali che un settore importante come il turismo invece potrebbe offrire.
«Il turismo – continua la nota – nella nostra regione dovrà continuare ad essere un settore economico di importanza strategica ma per fare questo non si può basare la propria competitività sull’abbattimento dei costi, a partire da quello del lavoro. Serve l’impegno di tutti, a partire da associazioni di categoria, istituzioni, amministrazioni locali e Regione, affinché davvero il sistema turistico emiliano-romagnolo crei non solo occupazione ma buona occupazione».

La spada di Damocle dello sblocco dei licenziamenti

I problemi, però, riguardano anche coloro che un lavoro ce l’hanno già e rischiano di perderlo a fine giugno. Il governo, infatti, sembra intenzionato a rimuovere alla fine del mese prossimo il blocco dei licenziamenti che era stato deciso per fronteggiare dal punto di vista socio-economico la pandemia.
Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto che il blocco fosse prorogato fino al 31 ottobre, ma il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha risposto che non è possibile, in linea con quanto chiedono le associazioni datoriali.

«Sbloccando i licenziamenti in Emilia-Romagna sarebbero a rischio tra i 70mila e i 100mila posti di lavoro», osserva Giove. Il calcolo nazionale, invece, parla di più di mezzo milione di posti di lavoro.
«Sbloccare i licenziamenti senza essere intervenuti per davvero su una riforma degli ammortizzatori sociali – continua il segretario regionale della Cgil – e senza aver convenuto a livello nazionale che prima si utilizzano gli ammortizzatori sociali per accompagnare i processi di ristrutturazione delle imprese si rischia mettere a rischio tutti questi posti di lavoro. Un fatto gravissimo, che arriverà dopo una forte riduzione dei redditi di lavoratrici e lavoratori nella pandemia». Se non saranno ascoltati, i sindacati annunciano già che saranno costretti alla mobilitazione.

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