Si intitola “Prostituzione e lavoro sessuale in Italia” (edizioni Rosenberg & Sellier) il libro curato da Giulia Garofalo Geymonat e Giulia Selmi che verrà presentato alle 18.30 di giovedì prossimo, 23 febbraio, al Centro delle Donne di via del Piombo 5 a Bologna. Una presentazione che rappresenta anche l’occasione per una discussione su uno dei temi più mistificati e confusi nel nostro Paese, capaci di dividere anche il femminismo.

Una riflessione su prostituzione e lavoro sessuale per garantire i diritti

«Il libro nasce dalla necessità di rendere accessibile una riflessione attorno alle politiche di governance del mercato sessuale in Italia – spiega Selmi – un Paese in cui resta un argomento molto difficile, fatto molto per slogan, tipo “legalizzare come in Olanda” o “criminalizzare come in Svezia”».
Una riflessione corale, quella contenuta nel libro, che approccia il tema da diverse prospettive, aiutando anche a distinguere da ciò che è lavoro sessuale e ciò che invece è tratta e sfruttamento, con l’obiettivo di individuare le strategie che mettano al centro i diritti delle persone sex workers.

Nel mercato del sesso, spiega la curatrice, ci sono almeno tre tipologie di persone: «chi ci sta per costrizione, come le donne o le persone trans vittime di tratta, chi ci sta per scelta o chi ci sta per circostanza, cioè chi trova dentro il sex work, all’interno di una società capitalistica diseguale, un’occasione ancorché temporanea e non ottimale di emancipazione ed accesso al reddito».
Tre posizioni, che invocherebbero politiche diverse, che nel dibattito pubblico sono confuse e anche inquinate da letture di stampo moralistico.

La prostituzione e il lavoro sessuale, del resto, in Italia negli ultimi anni provocano discussioni e divergenze anche nel mondo femminista. «È inusuale per il contesto italiano – osserva Selmi – perché storicamente l’Italia ha avuto la capacità di tenere insieme in maniera pragmatica anime molto diverse dei femminismi. Ciò è avvenuto sostanzialmente perché non ha tentato di trovare una sintesi su cos’è prostituzione, mantenendo il focus sul sostegno e l’empowerment delle donne coinvolte».
Ciò ha permesso, ad esempio, di avere l’articolo 18 della legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, che permette alle vittime di tratta di uscire dallo sfruttamento e accedere alla cittadinanza.

«Oggi invece c’è una polarizzazione molto forte – constata la curatrice – dove un pezzo di femminismo ha sposato quello che viene chiamato il modello nordico, cioè l’idea che la prostituzione sia affrontabile attraverso la criminalizzazione del cliente».
Una posizione che per Selmi è rincuorante, ma che, come emerge dai dati di diverse fonti, rende ancora più vulnerabile chi è già vulnerabile, come le donne e le persone trans migranti in condizione di irregolarità.

Facendo una panoramica sui modelli e le strategie applicate in giro per il pianeta in merito alla prostituzione e al lavoro sessuale, quelli che appaiono più efficaci sono quelli praticati in Nuova Zelanda e in alcuni Stati dell’Australia. «La direzione è quella della decriminalizzazione – osserva Selmi – Ovvero togliere il sex work dalla condizione di crimine e decriminalizzare tutte le condotte che vi ruotano intorno, rimuovendo così la pressione sociale che vi è associata, ma anche lo stigma che di fatto impedisce l’accesso pieno alla cittadinanza e il diritto alla salute».

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIULIA SELMI: