Nel nostro Paese la regolamentazione della cannabis è una questione particolarmente complessa e che si sta evolvendo nel corso degli ultimi anni nel panorama giuridico. C’è una crescente accettazione della cannabis in tutti gli Stati Europei, con una conseguente diffusione di prodotti a base di CBD come i semi autofiorenti, ad esempio, disponibili per l’acquisto. Ma qualcosa sta cambiando. Molti produttori, dopo le esternazioni del Governo italiano, stanno iniziando a rendersi conto che la commercializzazione di prodotti a base di CBD potrebbe diventare un problema a causa di alcune restrizioni che vorrebbero essere messe in campo.

Scopriamo insieme qual è la situazione attuale per la vendita di CBD in Italia e quale potrebbe essere il panorama futuro per questo comparto che rischia di essere gravemente colpito da alcuni stop in arrivo.

La situazione attuale del CBD in Italia

In Italia il CBD e i prodotti a esso legati sono molto diffusi, sono considerati legali purché contengano meno dello 0,6% di THC. Nel 2016, infatti, è stata fatta una legge che ha introdotto la distinzione tra la “cannabis light”, cioè quella con un contenuto di THC inferiore allo 0,6% e quella “non legale”, che invece ha un contenuto superiore a questa soglia. Le normative sulla sua produzione e commercializzazione sono ancora però, abbastanza ambigue in Italia ed è importante sempre acquistare da chi è particolarmente chiaro nella vendita, ad esempio, di semi femminizzati, autofiorenti o di qualunque altro tipo di prodotto. In Europa, invece, la situazione giuridica è un po’ differente.

La regolamentazione Europea del CBD

La commercializzazione del CBD in Europa è legiferata dalla Novel Food Regulation, ovvero il regolamento sui nuovi alimenti che hanno direttive europee entrate in vigore a gennaio 2018. Questa normativa stabilisce che i prodotti alimentari contenenti CBD sono da considerarsi come alimenti nuovi e, quindi, devono essere autorizzati prima di essere commercializzati in Europa. La valutazione passa per l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare e vi sono una serie di norme sull’igiene e l’etichettatura da rispettare. Queste norme non sono da prendere in considerazione se il contenuto di THC presente nel prodotto è inferiore allo 0,2%.

I prodotti a base di CBD di venduti in Italia

In Italia oggi vengono venduti diversi prodotti a base di cannabidiolo. Parliamo di oli, lozioni, creme, tisane, prodotti per sigarette elettroniche e infusi di vario genere. Sono prodotti anche approvati da un punto di vista clinico per combattere i sintomi come dolore cronico, ansia, infiammazione ed epilessia. I prodotti di questo genere non hanno effetti psicotropi.

Il rischio limitazioni in Italia

Nonostante sia scientificamente provato che prodotti contenenti CBD con una quantità di minore dello 0,6% di THC non sono psicotropi, ci sono alcuni che sostengono che bisogna porre fine alla commercializzazione della cannabis light per puro scopo ricreativo. Questo prodotto, infatti, potrebbe essere equiparato al reato di “produzione, traffico o detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope”. Questa norma è attualmente al vaglio del Senato e potrebbe comportare un grande problema per tutto il comparto, nonché uno stop sociale su una sostanza che ormai si è diffusa a macchia d’olio in varie fasce d’età. Cosa accadrà? È tutto da vedere!