Dai tornelli in stazione ai daspo per i senzatetto, fino alla richiesta dem di cacciare Làbas e sgomberare Xm24. A Bologna il Partito Democratico, salvo poche voci fuori dal coro, pensa di reagire all’avanzata della Lega imitandola. L’analisi di Wolf Bukowski.

Centri sociali: La linea dura del Partito Democratico

Se si volesse fare della facile ironia, numeri elettorali alla mano, si potrebbe suggerire un nuovo acronimo per il Pd: Piccola Destra.
Il problema di linea politica nei dem, però, non è cominciato certo il 4 marzo. Dall’introduzione dei Cpt (poi Cie e ora Cpr) fino agli accordi con la Libia di Minniti, dal Pacchetto Treu al Jobs Act, il sedicente centrosinistra italiano negli ultimi vent’anni non ci ha risparmiato autentici provvedimenti di destra.

Anche a Bologna si manifesta lo stesso problema, al punto che la città, ben prima che Salvini salisse al potere e ordinasse un “sgomberate tutto”, si era portata avanti coi lavori: ex Telecom, Atlantide, Crash, eccetera.
Certo, formalmente ad ordinare ed eseguire lo sgombero non è il Comune e nemmeno la segreteria di un partito, ma qualcuno non dimentica i plausi e l’apologia dogmatica della legalità da parte del Pd bolognese. Qualcosa di distante anni luce dalla disobbedienza civile del sindaco di Riace Mimmo Lucano.

Ora che ampie fette dell’Emilia Romagna si sono riscoperte salviniane e che l’erosione leghista si fa sentire anche sotto le Due Torri, il Partito Democratico bolognese non riesce ad esprimere un’alternativa e preferisce quindi imitare su vari fronti la Lega, nella speranza di raccimolare consenso o fermare l’emorragia.
La testuggine della legione è rappresentata dalla componente catto-renziana, che annovera consiglieri comunali e segretari di sezione come Raffaella Santi Casali, Raffaele Persiano e Davide Di Noi.
Ma il problema riguarda anche la giunta. Qui siede l’assessore alla Sicurezza Alberto Aitini, che ha un piglio minnitiano ed esercita volentieri il pugno di ferro contro gli ultimi.

Ma andiamo con ordine e cominciamo proprio dall’esecutivo bolognese. Solo negli ultimi mesi si è registrato un campionario di dichiarazioni, provvedimenti e progetti che non ha nulla da invidiare al Carroccio.
Una certa indignazione provocò il progetto con cui l’Amministrazione bolognese decise di impiegare alcuni richiedenti asilo per la ripulitura della città. Quello che non piacque a più di una persona fu che per quei lavori i migranti non avrebbero percepito un solo euro. A peggiorare la situazione arrivarono le dichiarazioni di Aitini, che rivendicò l’importanza di non dare l’impressione che i richiedenti asilo non facessero nulla tutto il giorno e che si meritassero l’accoglienza (che in realtà non è una concessione, ma è stabilita dalla Convenzione di Ginevra). Un po’ come se si chiedesse ai terremotati di meritarsi un tetto dopo aver perso la casa.

Appena dieci giorni fa, invece, si è ripetuto ciò che aveva fatto già discutere l’anno scorso: l’allontamento attraverso il daspo urbano di alcuni senza fissa dimora poiché “colpevoli” di dormire sotto i portici.
Sedici denunce e 13 daspo è stato il bilancio dell’operazione, che ha coinvolto i vigili urbani (quindi il Comune) e i carabinieri.
Il provvedimento di allontamento è stato introdotto dal decreto (ora legge) Minniti e la denuncia delle solerti forze dell’ordine riguardava l’invasione di terreni ed edifici. In particolare, i senza tetto avrebbero violato l’articolo 17 del Regolamento di Polizia Urbana, che prevede il divieto di bivacco e accattonaggio, punibili con sanzioni da 100 a 500 euro.

L’accanimento bolognese contro i poveri, però, non è finito. È di questi giorni la notizia del progetto, scaturito dagli incontri tra Prefettura, Comune e Fs, per installare i tornelli alla stazione di Bologna, spostare all’esterno la biglietteria e delocalizzare in Bolognina l’Help Center presente alla stazione, che fornisce informazioni ed aiuto ai senza fissa dimora.
L’obiettivo appare chiaro: allontanare dalla stazione i poveri, impedirvi l’accesso e contrastare la questua o il facchinaggio abusivo.
La ragione di fondo la individuò lo scrittore Wolf Bukowski esattamente un anno fa, quando su Internazionale pubblicò un reportage in cui denunciò la sostanziale gentrificazione delle stazioni, sempre più somiglianti a centri commerciali.

Sul versante dei pochi centri sociali rimasti in città le cose non vanno meglio e il Pd gioca ancora una volta il ruolo di punta nel voler azzerare la diversità.
Ad alimentare le polemiche per l’assegnazione degli spazi di Vicolo Bolognetti a Làbas contribuì una componente dem, la stessa che ora, nonostante l’evidenza di una coesistenza efficace tra le varie realtà (scuola inclusa) che gravitano attorno quello spazio, vorrebbe cacciare il centro sociale. A dare man forte ai catto-renziani del Pd, in questo caso, è anche la presidente del Quartiere Santo Stefano-San Vitale, Rosa Amorevole, che lamenta il bisogno di spazi per presunti uffici di Quartiere. Una necessità che ritorna come la peperonata, dal momento che lo sgombero di Atlantide fu giustificato dagli stessi motivi, eppure la struttura rimane vuota e murata a tre anni di distanza dall’operazione.

L’ultima (ma ricorrente) polemica all’interno del Pd riguarda Xm 24. Il centro sociale di via Fioravanti fu vittima di un attacco che, dopo una pausa di silenzio, ora si rinfocola.
La convenzione tra il Comune e i collettivi che animano la struttura è scaduta il 31 dicembre 2016 e l’Amministrazione non ha voluto rinnovarla adducendo le più svariate scuse. Da una presunta “incompatibilità” col quartiere ad un fantomatico progetto di costruzione di una caserma dei carabinieri lanciata (e poi finita nel nulla) dallo stesso sindaco Virginio Merola, per finire con altrettanti fumosi progetti culturali che avrebbero dovuto insistere proprio sull’ex mercato ortofrutticolo.

Ora ad invocare lo sgombero di Xm24 sono nuovamente esponenti Pd. Con una lettera inviata all’assessore Matteo Lepore, al presidente di Quartiere Daniele Ara e al capogruppo dem in Comune Claudio Mazzanti, sette segretari di altrettante sezioni (anche piuttosto distanti dal centro sociale) chiedono senza mezzi termini che Xm24 venga sgomberato “senza ulteriori proroghe”.
Se si guardano i firmatari della letterina dai toni leghisti, si trovano nomi di quasi autentici sconosciuti insieme ai “soliti noti” catto-renziani: Giulia Bernagozzi, Davide Di Noi, Mario Oliva, Carlo Petrovich, Dario Praticò, Valeria Ribani e Raffaele Persiano.

ASCOLTA L’INTERVISTA A WOLF BUKOWSKI: